A meno di clamorose sorprese, Donald Trump annuncerà il ritiro degli Stati Uniti dagli accordi sul clima siglati (da Obama) due anni fa al vertice Cop 21 di Parigi. Quali saranno le conseguenze a livello interno ed internazionale? Questa scelta comporterà un reale passo indietro sulla strada della decarbonizzazione dell’industria? Probabilmente no, secondo la professoressa Valeria Termini, ordinaria di Economia Politica all’Università di Roma Tre, dal 2011 componente dell’ Authority per l’Energia.
“Diciamoci la verità: una volta avviati, i movimenti della Storia non si fermano – ci ha risposto la professoressa – Il processo di innovazione tecnologica è quasi inarrestabile, quindi può essere rallentato ma non invertito da una decisione politica. Mi riferisco alla rivoluzione tecnologica che ci porta in una transizione energetica verso le fonti rinnovabili“.
“Ora Trump mostra i muscoli – dice Termini – e lo fa per contrapporsi alla politica di Obama che aveva tessuto con il Presidente cinese Xi Jinping l’accordo di Parigi. Cina e Stati Uniti si sono impegnati a ridurre sensibilmente le emissioni di CO2, una svolta storica”.
“Gli slogan di Trump si trasformeranno in azioni politiche reali? – si chiede Termini -Gli Stati Uniti hanno un sistema di pesi e contrappesi che ‘modellano’ le decisioni politiche del Presidente. Per esempio l’attuazione delle politiche ambientali sta in capo ai singoli Stati. Quali sono le opzioni che la Casa Bianca ha di fronte? Ad esempio alcuni consiglieri del Presidente tra cui la figlia Ivanka erano dell’idea di confermare gli accordi di Parigi. E aggiungo che l’industria americana ha già avviato il processo di decarbonizzazione” (ExxonMobil, Chevron, Royal Dutch Shell e BP speravano che Trump non abbandonasse l’accordo, ndr). Un’altra incognita riguarda l’impatto “interno” di questa decisione, ma come ripeto credo che il processo di innovazione tecnologica andrà avanti”.
Ascolta l’intervista completa a Valeria Termini di Lorenza Ghidini e Gianmarco Bachi