La lotta dei lavoratori, che avevano subito scioperato compatti contro il licenziamento, e l’eco mediatica della protesta hanno prodotto un primo importante risultato: la Reggiani Efi ha fatto una prima marcia indietro, promettendo ai sindacati di trovare una ricollocazione in azienda della lavoratrice a cui era arrivata la lettera di procedura di licenziamento, motivato sostenendo che “la sua mansione non esiste più, per questo si darà il via alla procedura di licenziamento”.
L’azienda ha incontrato martedì mattina una delegazione sindacale, con Fim, Cisl, e Fiom Cgil, comunicando che nei prossimi giorni incontrerà la ex dipendente per sottoporle due proposte: la ricollocazione in altra mansione, ma alle condizioni economiche e contrattuali preesistenti, o un incentivo economico. L’incentivo economico è già stato respinto dalla lavoratrice.
Soddisfatti i sindacati Fiom, Cgil e Fim Cisl.
Andrea Agazzi è sindacalista Fiom.
Cosa vi ha detto l’azienda questa mattina?
“Si è detta disponibile a trovare alla lavoratrice una nuova collocazione sempre all’interno degli uffici della Reggiani di Grassobbio”.
Un passo indietro dunque…?
“Direi proprio di sì, visto che nella lettera di licenziamento l’azienda diceva che non c’era spazio per un ricollocamento, quindi da questo punto di vista un passo indietro grazie dalla mobilitazione dei lavoratori e all’attenzione di molti media”.
Adesso cosa accadrà?
“Adesso vedremo nel merito la proposta dell’azienda. Il 6 giugno ci sarà la riunione con la Reggiani Efi al direzione territoriale del ministero del Lavoro”.
La reazione della lavoratrice?
“E’ evidentemente soddisfatta che si parli di ricollocarla nell’azienda. Ora anche lei aspetta l’incontro del 6 giugno, per vedere il merito della proposta della Reggiani”.
Ora i sindacati si aspettano che la Reggiani Efi mantenga la promessa: “Mi auguro che le parole della direzione di Efi Reggiani vengano confermate e che queste creino delle vere opportunità per la lavoratrice”, ha detto Emanuele Fantini, segretario regionale di Fim Cisl. “Inoltre, spero che la vicenda porti a relazioni sindacali con l’azienda su binari condivisi e meno conflittuali. La risposta di lavoratori e sindacati ha garantito che non si svendessero diritti e dignità di nessuno”.
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Qui la notizia dello sciopero del 27 maggio:
Un donna, una mamma e una multinazionale, la Reggiani Efi, che la licenzia a freddo. Motivo: non ci servi più, non abbiano una mansione adatta a te. E’ accaduto a Grassobbio, vicino a Bergamo. Immediata e compatta la risposta di tutti i 230 dipendenti, che hanno scioperato. Per la donna, che ha 36 anni e un figlio nato l’anno scorso, è stata un colpo al cuore. Si era organizzata con la famiglia, con il marito, la nonna, per l’accudimento del figlio, in modo da poter svolgere il proprio lavoro alla Reggiani.
Il sindacalista della Fiom-Cgil Andrea Agazzi ha parlato in queste ore con la lavoratrice licenziata che per ora preferisce non rilasciare interviste, in attesa dell’evolversi del difficile confronto con l’azienda.
“Questo licenziamento la lavoratrice lo vive come una mancanza di rispetto del proprio ruolo e professionalità. Si sente delusa dopo tutto quello che ha dato alla Reggiani, in 15 anni di lavoro…E’ amareggiata e triste, ma è una donna, una mamma, determinata nel voler rimanere al lavoro e noi le abbiamo detto che la sosterremo fino in fondo”.
La lettera che annuncia la procedura di licenziamento dice: “la sua mansione non esiste più, per questo si darà il via alla procedura di licenziamento”.
La Reggiani Efi si trova a Grassobbio, poco fuori la città di Bergamo, su un’area di oltre 20mila metri quadrati, con 230 dipendenti, ed è tra le principali società leader nella produzione di macchine per la stampa e il finissaggio del settore tessile. Nel 2015 la Reggiani è stata comprata dalla Efi (Electronics For Imaging), multinazionale con sede centrale nella Silicon Valley (California). E’ un gruppo in sviluppo con 3000 dipendenti e 44 uffici nel mondo ed è leader nella stampa digitale.
Ora si annuncia battaglia su questo caso, che non è l’unico nella bergamasca. I lavoratori sono compatti. Martedì ci sarà una nuova assemblea, mentre il giorno prima, lunedì ci potrebbe essere un incontro tra i sindacalisti e l’azienda. Ma per ora non ci sono conferme.
“Non ho mai visto – spiega Emanuele Fantini della Fim-Cisl -una adesione così massiccia a uno sciopero. I dipendenti sono preoccupati dai modi e dai rapporti con loro e con noi sindacati che la proprietà ha adottato da qualche tempo e chiedono, oltre al ritiro del licenziamento della loro collega, anche il ripristino di un sistema di relazioni corrette”.
Andrea Agazzi è il sindacalista della Fiom-Cgil che segue questa vicenda.
Voi contestate l’azienda, la quale però sostiene che il tentativo di ricollocare la lavoratrice è stato fatto.
No, non è così. La stessa lavoratrice ci ha detto che questo tentativo non
lo ha mai visto, non c’è stato nessun dialogo con lei per discutere di un altro posto di lavoro. E nemmeno con noi sindacati.
Come si è arrivati a questo licenziamento?
La lavoratrice era rientrata dalla maternità a fine agosto 2016 e allora non trovò più la sua postazione di lavoro, la sua scrivania, il telefono, il computer. Da allora recuperò progressivamente la sua mansione. Poi, in questi giorni, la doccia gelata del licenziamento.
Lei come se lo spiega il licenziamento? E’ una azienda in crisi?
No, tutt’altro. E’ un’azienda che ha raddoppiato, negli ultimi 5-6 anni, il fatturato. Credo che siano arrivati a 100 milioni di euro.
E allora?
Temo che abbiano voluto tentare una forzatura, per vedere se passava. Una sorta di prova per testare la reazione dei dipendenti, per modificare le relazioni sindacali, ipotizzo all’americana. Ma la reazione dei lavoratori è stata netta. Hanno scioperato compatti, tutti.
Non è così scontato che di questi tempi ci sia tanta solidarietà?
Vero, però credo che i lavoratori abbiano anche la sensazione che un licenziamento del genere non sia solo mirato a una persona, ma che potrebbe essere un messaggio a tutti che le relazioni sindacali stanno cambiando all’americana e che il confronto con i sindacati è secondario. Un messaggio che, se confermato, noi respingiamo.
L’amministratrice delegata dell’azienda Adele Genoni ha detto-riporta il Corriere- “che le competenze della persona, di questa lavoratrice, non erano tali da poter trovare una ricollocazione, come è stato fatto tantissime volte”
Guardi noi e la lavoratrice non abbiamo visto traccia di tentativi di ricollocazione a altre mansioni. Il sindacato non è stato nemmeno consultato. Ho il sospetto che non sia stato fatto nessun tentativo di ricollocazione.
Cosa vuol dire all’amministratrice delegata?
Ritiri la procedura di licenziamento.
Il sindacalista della Fiom vuole aggiungere che il caso della Reggiani Efi, purtroppo non è l’unico nella bergamasca. E cita un altro caso di licenziamento di una lavoratrice della Eutron di Pradalunga. Da oltre 20 anni in azienda, la donna è stata a lungo impiegata negli uffici, poi ha svolto il lavoro di operaia, dopo avere accettato un demansionamento pur di proseguire a lavorare- denunciano i sindacati- sapendo che l’attendeva una pensione di vecchiaia dagli importi bassi.