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Azerbaijan, la farsa della democrazia

L‘Azerbaijan va al voto per rinnovare i 125 membri del Parlamento, il Milli Mjlis. “Un organismo passacarte” al servizio dell’intramontabile famiglia Aliyev, lo definisce in una articolo la ong Index Censorship.

Le previsioni sono di una vittoria schiacciante per il partito della famiglia al potere Eni Azeraijan (Nuovo Azerbaijan). Sulla carta la competizione elettorale dovrebbe esistere: i candidati appartengono a 15 partiti differenti, di cui uno ha anche formato una coalizione. Il timore, però, è che sia solo una messa in scena per far apparire l’Azerbaijan una democrazia.

A Baku non amano i controlli: il Governo ha chiesto alle agenzia internazionali che verificano lo svolgersi delle elezioni di mandare meno osservatori rispetto a quelli preventivati. L”Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e lka cooperazione in Europa, ha deciso di disertarle del tutto. Il Ministero degli Esteri di Mosca ha reagito sostenendo che la richiesta di Baku “è stata politicizzata” dall’Osce, come riporta l’agenzia di stampa nazionale Tass il 30 ottobre. Mosca ha sempre mostrato un certo interesse a mantenere buoni i rapporti con l’ex repubblica sovietica, adagiata su un una riserva inestimabile di gas e petrolio. Un Paese a cui guarda spesso anche la Turchia di Erdogan, altro Paese alle urne domenica.

Da oltre 20 anni Baku brilla della luce prima di Heydar Aliyev, padre della patria a cui sono intestati tutti i più importanti monumenti della città, poi del figlio Ilham, in sella dalla morte del padre nel 2003. Aliyev ha saputo travestire la sua autoinvestitura a successore da passaggio democratico inscenando finte elezioni. Il voto, per i 5,1 milioni di azeri che possono esprimerlo, è sempre unanime e a favore degli Aliyev.

Baku in questo 2015 ha cercato di accreditarsi in tutti i modi agli occhi dell’Europa. Prima i Giochi olimpici europei, poi la visita all’Expo del presidente e le sponsorizzazioni via Socar (azienda statale che gestisce il gas) di squadre di calcio come l’Atletico Madrid: l’obiettivo è sempre quello di presentarsi come affidabile partner commerciale. Questo nonostante delle palesi violazioni dei diritti umani, denunciate tra gli altri da Amnesty International.

L’Italia ha un legame particolare con l’Azerbaijan: il gas azero, infatti, sarà distribuito in Europa dalla Snam Rete Gas, che ora vorrebbe entrare in società anche nella Tap, il gasdotto che porterà il gas da Baku alle coste della Puglia e da lì al resto dell’Europa. E che ha già incontrato la contrarietà dei pugliesi.

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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    Ho detto R1PUD1A di Claudio Jampaglia e Giuseppe Mazza per EMERGENCY “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Primo episodio: Le parole sono importanti. In questa prima puntata di “Ho detto R1PUD1A” Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia spiegano cosa significa la parola “ripudia” nella Costituzione italiana e perché è stata scelta per rappresentare il “mai più” alla guerra del popolo italiano dopo la Liberazione. Non siamo i soli ad avere fissato questo principio nelle nostre leggi. La guerra però sta tornando una prospettiva concreta, almeno secondo la maggior parte dei governi, che si riarmano, Italia compresa. Con Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY, vi racconteremo poi l’esempio del Sudan, il Paese dove la guerra ha già causato in questi due anni oltre tre milioni di profughi. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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