Da alcuni mesi un team della Nasa si è stabilito sotto una cupola vicino a un vulcano spento delle Hawaii, con l’obiettivo di simulare la vita su Marte. L’esperimento durerà un anno, fino ad agosto 2016. Le persone coinvolte sono sei: tre scienziati, un pilota, un architetto e un giornalista, che possono uscire solo indossando tute spaziali.
“Non è il primo tentativo di questo tipo – dice a Radio Popolare l’astronauta Umberto Guidoni. – In queste situazioni emergono le difficoltà di vivere in un ambiente ristretto, in cui gli spazi privati sono ridotti. Questo porta a discussioni anche su questioni piuttosto banali. Conflitti che forse non si possono prevenire, ma questi esperimenti possono aiutare a trovare modi per risolverli”.
Una vera missione su Marte, dice Guidoni, durerebbe circa due anni tra andata, permanenza e ritorno. “Il fatto che si comincino a fare simulazioni e a parlare insistentemente di provarci mi fa pensare che ormai siamo vicini”. Vicini, aggiunge l’astronauta, significa almeno una ventina d’anni: il tempo necessario a preparare i mezzi e la tecnologia che servono.
Nelle scorse settimane si è parlato di un piano della Nasa che fisserebbe come scadenza il 2030. Dal 2012 il pianeta rosso ospita il rover Curiosity, un veicolo inviato proprio dall’agenzia spaziale statunitense. In questi anni ha scattato foto, perforato rocce, raccolto campioni di suolo: tutto per capire meglio cosa succede su Marte, nell’attesa che degli esseri umani riescano a metterci piede.