“Se il governo brasiliano si sta preparando a ottenere quello che vuole tanto vale che invii i militari e ci ammazzi tutti. Dal 2003 al 2015 hanno ucciso più di 300 tra i nostri leader. È per la nostra terra che ci stiamo battendo”.
A parlare con noi è Ladio Veron, leader Guaranì, durante il tour che lo ha portato in diverse città europee – tra cui Milano dove lo abbiamo incontrato – per raccontare la violenta repressione che colpisce il suo popolo. Un popolo che combatte, che non si arrende.
L’ultima grande mobilitazione è stata il 25 aprile. Nella capitale Brasilia si sono riunite migliaia di persone appartenenti alle comunità indios di tutto il Paese per protestare davanti al Congresso nazionale. Chiedono il rispetto del loro diritto a vivere nelle terre ancestrali e a seguire le loro tradizioni.
Gli indios contestano la politica del presidente Michel Temer, accusato di aver bloccato il processo di demarcazione delle terre e di aver nominato come ministro della Giustizia un deputato vicino agli interessi fondiari. Proprio al Congresso sono in discussione leggi che indeboliscono i diritti degli indios e un emendamento alla Costituzione (PEC 215) che, se approvato, esautorerebbe l’agenzia governativa per i popoli indigeni FUNAI dall’assegnazione delle terre. I territori indigeni potrebbero diventare oggetto di attività minerarie, di costruzione di strade e basi militari.
Sarah Shenker, campaigner di Survival International per il Brasile, descrive la protesta di fine aprile come la più grande da diversi anni. Secondo Survival le azioni del governo Temer potrebbero essere catastrofiche per i popoli indigeni perché avrebbero un impatto distruttivo sulle loro terre, e quindi anche sulle loro vite. Per i popoli indigeni, infatti, la terra è vita. Soddisfa tutti i loro bisogni materiali e spirituali. Fornisce cibo, case e indumenti, ed è il fondamento della loro identità e del loro senso di appartenenza.
Sarah Shenker quante sono le tribù indigene in Brasile e che cosa rischiano?
“Oggi in Brasile vivono circa 240 tribù, per un totale di quasi 900mila persone. I progetti di legge attualmente in discussione al Congresso costituiscono una grave minaccia: i violenti conflitti territoriali – che stanno già causando vittime indigene in tutto il Paese – potrebbero intensificarsi, e le terre rubate agli indiani potrebbero non essere mai restituite. È una chiara violazione dei diritti indigeni, che potrebbe portare alla distruzione di interi popoli. L’impatto potrebbe essere particolarmente catastrofico per tribù come i Guaranì del Mato Grosso do Sul – che si sono visti derubare di gran parte delle terre ancestrali per far spazio ad allevamenti e piantagioni di canna da zucchero e soia – e per le tribù indigene dell’Amazzonia – i popoli più vulnerabili del pianeta – che rischiano il genocidio se le loro terre non saranno protette”.
Che legame esiste tra il governo e le potenti lobby dell’allevamento e dell’agribusiness? I territori indigeni sono visti come un ostacolo all’espansione degli allevamenti e dei campi agricoli?
“Gli allevatori che operano nei territori indigeni hanno spesso legami molto forti con i politici. In alcuni casi, sono essi stessi dei politici. Sono chiamati ‘bancada ruralista’, e costituiscono una lobby di agricoltori e allevatori molto potente nel Congresso brasiliano. Questi allevatori considerano i popoli indigeni come un ostacolo al ‘progresso’ e al ‘profitto’, e spesso assoldano dei sicari per attaccare le comunità e tenerle fuori dalle loro terre. I leader indigeni spesso vengono uccisi dai sicari solo perché rivendicano con forza il diritto costituzionale, conquistato duramente, del loro popolo a vivere nella propria terra”.
Sarah Shenker, è vero che le unità governative, che hanno il compito di proteggere le tribù indigene del Brasile dalle invasioni di taglialegna e allevatori, potrebbero essere smantellate?
“Purtroppo le squadre sul campo del FUNAI – il Dipartimento brasiliano agli Affari indigeni – che svolgono un ruolo fondamentale nel proteggere i territori dei popoli indigeni da taglialegna, allevatori, minatori e altri invasori potrebbero essere eliminate dal budget statale brasiliano: alcune unità sono già state ritirate e abbiamo avuto notizie che ulteriori riduzioni sono previste per il prossimo futuro. Intere popolazioni appartenenti alle tribù indigene sono sterminate dalla violenza genocida di esterni che le derubano di terre e risorse, e da malattie, come l’influenza e il morbillo, verso cui non hanno difese immunitarie”.
Quante sono le tribù cosiddette incontattate in Brasile?
“Si stima che in Brasile ve ne siano più di cento; molte di esse vivono all’interno di territori indigeni, per un totale di 54,3 milioni di ettari di foresta protetta – un’area grande quanto la Francia. A proteggere questi vasti territori, però, ci sono solo 19 squadre del FUNAI. Questi tagli non hanno nulla a che fare con i soldi, anche perché i fondi necessari a mantenere le squadre sono esigui; è piuttosto una mossa politica del settore dell’agribusiness che sta prendendo di mira la foresta delle tribù incontattate, finora rimasta inaccessibile”.
Gli indigeni portavano in corteo a Brasilia tante bare quanti sono stati i morti tra di loro in questi anni, (si parla di 13 solo nel 2016). Perché tanti omicidi?
“Il furto di terra sta uccidendo gli indigeni in tutto il Brasile; solo nel 2015 sono stati uccisi 137 indigeni. Quando le loro terre non sono protette, le comunità restano inoltre esposte a malnutrizione e malattie. Molti popoli soffrono anche di tassi di suicidio molto alti; i Guaranì, ad esempio, convivono con uno dei tassi di suicidio più alti al mondo. I loro leader sono presi di mira dai sicari al soldo degli allevatori solo perché cercano di vivere in pace nelle loro terre ancestrali: negli ultimi anni sono stati assassinati decine di capi.”
Ad aprile abbiamo incontrato Ladio Veron, leader Guaranì, durante il tour che lo ha portato in diverse città europee per raccontare la sua vicenda personale e la situazione in cui vive la sua comunità, costretta in un territorio minuscolo, costantemente minacciata e circondata dagli interessi degli allevatori e degli agricoltori. Ladio Veron ha assistito all’omicidio di suo padre da parte di un gruppo di paramilitari.
Com’è oggi la situazione per la tua famiglia e per la tua comunità?
“Lo stesso giorno in cui sono arrivato in Europa un elicottero ha sorvolato la mia comunità e in particolare la zona in cui abita la mia famiglia. Dall’elicottero sono scese diverse persone che li hanno intimiditi e insultati, promettendo che sarebbero ritornati. Si tratta di paramilitari che sorvolano le aree della ‘retomada’ e sono pagati per intimidirci. La mia comunità vive circondata da piantagioni di soia e canna da zucchero. La terra che ci è stata effettivamente restituita è un’area molto piccola, poco produttiva. Non riusciamo a coltivare nemmeno i prodotti tradizionali necessari alla nostra comunità. E’ troppo piccola per il numero di famiglie che ci abitano. Non basta per tutti. In Brasile non abbiamo voce per gridare quello che dovrebbe essere un nostro diritto. Questo è il motivo per cui sono venuto in Europa, voglio che la gente sappia quello che sta succedendo: è un genocidio. Ci uccidono, ci intimidiscono, deturpano il nostro ambiente naturale”.
Come funziona il processo della “retomada”, della rioccupazione delle terre?
“Nello Stato del Mato Grosso do Sul esistono 46 aree di retomada, di cui solo 16 hanno ottenuto il permesso definitivo per la rioccupazione delle terre ancestrali. L’area in cui vive la mia comunità è una delle 16 zone riconosciute. Si tratta, però, di permessi che rimangono sulla carta, manca ancora la certezza di poter vivere sulla terra rioccupata, viste le continue minacce. Il governo sta vendendo le terre alle compagnie agro-industriali. Le aree che una volta erano foreste sono state devastate e adesso al loro posto ci sono le piantagioni. Molte di queste terre erano già state destinate alla retomada. Il governo sulla carta ci garantisce le terre ma poi nella realtà le aree a noi assegnate vengono occupate dalle piantagioni”.
Che impatto avrà sugli indios l’approvazione dell’emendamento costituzionale PEC 215?
“Il PEC 215 non è ancora stato approvato ma nella pratica è come se lo fosse. I villaggi vengono costantemente minacciati. Si ripetono atti intimidatori e violenze per costringere le comunità ad abbandonare le loro terre. Se veramente verrà approvata questa riforma non ci sarà più speranza: sarà tutto perduto. Se il governo si sta preparando ad ottenere quello che vuole tanto vale che invii i militari e ci ammazzi tutti. Dal 2003 al 2015 hanno ucciso più di 300 tra i nostri leader. E’ per la nostra terra che ci stiamo battendo. Possedevamo un territorio enorme e ora, quello che stiamo chiedendo allo Stato per poter vivere è l’1% di quello che avevamo”.
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Survival International sta conducendo una campagna internazionale per chiedere al governo del Brasile di non approvare alcun progetto che potrebbe distruggere le terre e le vite dei popoli indigeni.Survival ha lanciato una petizione diretta al governo del Brasile, per impedire che questi progetti di legge pericolosi vengano approvati.