Aveva uno spirito rivoluzionario e controcorrente. La morte di Jonathan Demme, a 73 anni per un cancro che dal 2010 lo aveva debilitato nel corpo ma non nella mente, lascerà un vuoto immenso nella storia del cinema moderno. Cresciuto tra New York e Miami, l’ultimo film Dove eravamo rimasti lo aveva presentato nel 2015 a Venezia, con Meryl Streep cantante rock tenace e determinata nel lasciare tutto per la musica.
Il nome di Demme è facilmente associabile al suo più grande successo Il silenzio degli innocenti, che diede vita ad Hannibal Cannibal con il volto di Anthony Hopkins e costruì nel 1991 l’affascinante personaggio tratto dalle pagine di Thomas Harris della detective Clarice Sterling, interpretata da Jodie Foster.
Tra i suoi film più famosi Qualcosa di travolgente con Melanie Griffith, Una vedova allegra ma non troppo con Michelle Pfeiffer, attrici che sapeva dirigere con passione e precisione. Meryl Streep, nei panni di una senatrice spietata, era anche nel film The Manchurian Candidate, fortissima denuncia sulla manipolazione scientifica delle menti da parte del governo durante le guerra in Kuwait.
Alternando commedie, film e documentari politici come The Agronomist o quelli musicali su Neil Young ed Enzo Avitabile, Jonathan Demme è stato uno dei primi registi a raccontare gli effetti collaterali dell’AIDS in Philadelphia, colonna sonora di Bruce Springsteen e di Neil Young, con uno strepitoso Tom Hanks, professionista che viene lasciato a casa alla scoperta della malattia e Denzel Washington l’avvocato che lo difende fino alla fine dei suoi giorni.
Nel 2011 avevamo incontrato Jonathan Demme al Milano Film Festival, dove aveva presentato il documentario su Neil Young ed è stata un’occasione per parlare di buona parte del suo cinema. E ci rivelò il desiderio di girare un film “sul messaggio e sull’essenza” di Bruce Springsteen.
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