Il 30 marzo scorso, ma si è appreso oggi, il tribunale di Ivrea ha condannato l’Inail a indennizzare il dipendente di un’azienda che per 15 anni ha usato il cellulare per più di tre ore al giorno senza protezioni e al quale è stato diagnosticato un tumore benigno, che causa una sordità permanente dell’orecchio destro.
Il giudice del lavoro Luca Fadda ha riconosciuto che il tumore è stato causato dall’uso scorretto del cellulare. Finché la sentenza non viene pubblicata, non si può sapere come abbia fatto una scoperta che per ora nessuna ricerca scientifica è riuscita a fare.
Il problema per i ricercatori è che siamo a bagno in un mare di radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti. A dosi elevate possono essere decisamente nocive come i raggi ultravioletti o la radiazione infrarossa detta banalmente calore. Distinguere l’effetto sull’organismo delle radiofrequenze dei cellulari da quello di altri fattori ambientali e genetici è difficilissimo. Trasmettono un po’ di energia che le cellule assorbono, è vero, ma è molto inferiore a quella necessaria per danneggiare il nostro DNA.
Si sono fatti esperimenti sui ratti, ma non è chiaro se le lesioni cellulari fossero dovute alle radiofrequenze o al fatto che rimanessero legati per sei mesi a un cellulare, perché la differenza con il gruppo di controllo – altrettanti ratti legati a un cellulare vuoto – era minuscola.
Forse un giorno si scoprirà che certe radiofrequenze sono dannose per certe persone e non per altre, com’è successo con il fumo o con l’amianto. Nel frattempo, se proprio dobbiamo stare delle ore al telefono ogni giorno, possiamo usare l’auricolare e stare più tranquilli.