“I migranti in Libia, in particolare nel sud, diventano sempre di più ‘merce’ da comprare, sfruttare e buttare via quando non serve più. Siamo davanti a nuove forme di schiavitù”. A parlare con noi è Giuseppe Loprete, capo missione in Niger della OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, agenzia collegata all’Onu. Lo raggiungiamo al telefono a Niamey, capitale del Niger, dove risiede.
Loprete e i suoi collaboratori hanno da poco concluso una missione in Libia e lungo le rotte dei migranti,da cui ne emerge la conferma di una situazione disumana, con un elemento in più, sostiene l’Oim: “Vendere esseri umani è diventata una tendenza in crescita tra i trafficanti ”.
Un contesto questo che getta, ancora di più, pesanti ombre, interrogativi, sull’accordo tra il Governo italiano e la Libia, contro il quale erano state sollevate critiche e contestazioni da parte di Migrantes, Caritas, Amnesty International e da diverse altre organizzazioni umanitarie.
L’OIM ha raccolto decine di testimonianze di migranti che raccontano abusi e violenze che hanno subìto e di un mercato degli schiavi che si sta allargando e affligge centinaia di persone che si recano in Libia: donne e uomini che vengono venduti dai 200 ai 500 dollari. “I migranti non hanno idea dell’inferno di torture ed efferatezze che li aspettano una volta passato il confine libico”, ha detto Leonard Doyle, portavoce dell’OIM.
Questi alcuni frammenti delle loro storie raccolte dall’OIM e pubblicate nel rapporto ‘I am a migrant’
La testimonianza di Samba.“Ho lasciato la Mauritania quasi un anno fa per andare in Europa.Ho passato quasi due mesi in carcere in Libia. Ci hanno picchiato, torturato,hanno sparato contro la gente. Ho perso i contatti con la mia famiglia, tutti pensavano che fossi morto. E ‘stato davvero difficileper tutti noi”.
La testimonianza di Ousmane.“Molte persone non sanno nemmeno che sono vivo. Ho lasciato il Gambia per la Libia un anno fa, con un mio amico. Ci sono voluti tre giorni nel deserto per arrivare in Libia. Eravamo 20 persone in un pick-up. Una donna incinta che era con noi è morta. Poi sono stato in prigione in Libia, dove ho visto gente uccisa perché i familiari non avevano i soldi per pagare la loro libertà”.
La testimonianza di Amadou.“Ho lasciato il Senegal con il mio fratello minore nello scorso anno per cercare di andare in Italia. Sono arrivato in Libia, dove mio fratello è morto. Lo hanno ucciso. Aveva 16 anni. Lo hanno aggredito in pieno giorno nel centro della città, chiedendogli soldi, ma lui non ne aveva. Gli hanno sparato”
Giuseppe Loprete, capo missione OIM in Niger, partiamo da questo ‘mercato degli schiavi’ in Libia.
“Dalle testimonianze che abbiamo raccolto, uno dei principali ‘mercati degli schiavi’ si svolge in una piazza a Sahba, a sud della Libia. Qui molti vengono portati e venduti a dei libici, supportati da ghanesi e nigeriani. In genere li scelgono in base alle condizioni di salute e professionalità, parametri per stabilire il prezzo. Spesso finiscono a lavorare in cantieri edili, o a svolgere lavori pesanti. In alcuni casi vengono poi rivenduti. Un migrante può essere ‘comprato’ per un prezzo che va dai 200 ai 500 dollari.
Come definisce tutto ciò?
Qui siamo davanti a una vera schiavitù, messa in atto in modo sistematico. Non solo detenzione, campi lavoro, sequestri, abusi sessuali, come abbiamo denunciato fino ad ora. Ma un vero e proprio mercato degli schiavi, non mi viene un altra parola, anche se uno dei migranti che abbiamo accolto qui in Niger, ci ha detto che ‘ci hanno trattato peggio degli schiavi’ ”.
E le donne?
“Ci sono anche donne che vengono ‘comprate’ per voi avviarle alla prostituzione locale o tenute in casa come schiave del sesso. In altri casi vengono portate in Europa. Penso, per esempio, alla tratta delle nigeriane”
Le persone che vengono vendute cosa vi hanno raccontato?
“Storie di abusi sessuali, violenze, torture. Molti dopo essere stati venduti vengono fatti lavorare senza essere pagati. Altri ci hanno raccontato che lavorano di giorno e vengono pagati alla sera. Poi di notte vengono svegliati, picchiati, e gli vengono portati via i soldi. Altri ancora sono costretti a fare gli aguzzini dei loro stessi connazionali.”
Queste persone prima di essere vendute dove vengono portate in Libia?
Spesso vengono portate in case private, controllate da uomini armati, oppure in centri di detenzione, più o meno ufficiali. Quelli ufficiali sono gestiti dal Governo, ma sono luoghi con condizioni pesanti, disumane, con poco cibo e una situazione igienico-sanitaria degradante. Da questi luoghi – ci ha raccontato un migrante – molti vengono poi portati in zone come Sahba, in quella piazza che le dicevo, per essere venduti. Purtroppo sono aree dove non c’è accesso alle organizzazioni umanitarie. E quando riusciamo a arrivare, nascondono le armi e minacciano di morte i migranti, per non farli parlare con noi”
I trafficanti di essere umani chiedono poi ai migranti di telefonare ai loro familiari perché mandino dei soldi…
“Uno dei migranti che abbiamo accolto in Niger ci ha raccontato di essere stato portato in un posto, un casa privata, nel sud della Libia, con altre decine di persone. Lì uomini armati, li costringevano a telefonare ai familiari mentre li picchiavano o torturavano, in modo che sentissero le urla e mandassero al più presto dei soldi”
E i familiari come riescono a trovare i soldi?
“I familiari per salvare i loro figli o mariti vendono spesso quel poco che hanno, a partire dai loro pezzi di terreno, per inviare, via money tranfer, i soldi richiesti. Questo spiega anche perché i migranti fanno fatica poi a ritornare al loro paese: da una parte si vergognano di non avercela fatta, dall’altra, rientrando nel loro paese, trovano una situazione economica della famiglia peggiore di quella che hanno lasciato”.
E chi non ha familiari in grado di pagare per ottenere la libertà?
“Alcune volte viene ucciso, o lasciato morire di fame, o in altri casi viene venduto”.
Lei in questo momento è insieme a gruppi di migranti in Niger che vogliono ritornare nel loro paese.Tra le loro storie mi diceva che ce ne una che l’ha colpita. Vuole raccontarla?
Sì, qui con noi c’è un migrante, tornato dalla Libia. Lo abbiamo visto zoppicare. Poi abbiamo scoperto che aveva un proiettile nel piede e non ci aveva detto nulla perché temeva che andando all’ospedale non sarebbe più tornato a casa. Ora lo abbiamo curato, ma i dottori hanno dovuto amputargli la gamba. Poi ci ha raccontato che mentre era insieme ad altri migranti su un pick up, dei banditi li hanno assaliti sparando e lui è stato colpito al piede.”
Secondo lei la soluzione sarebbero i corridoi umanitari?
Sì, questa è una delle opzioni, il problema però è che i corridoi umanitari si possono fare se si trova un accordo tra le varie tribù per lasciare transitare in sicurezza i migranti. Ma in Libia il sud è separato dal nord, a Sahba si combatte ,e sino a pochi mesi fa, anche a Gatrun. L’insicurezza non permette oggi i corridoi umanitari, almeno nel sud libico. Il sud della Libia, in questo momento, è un buco nero”.