Carne e cancro: uno dei cibi e una delle paure che accompagnano la nostra vita. Associati nella stessa frase fanno impressione. Ancor più quando la frase è firmata Organizzazione mondiale della sanità.
L’Oms, analizzate 800 ricerche condotte negli anni in 10 Paesi, ha deciso di inserire salumi, insaccati e carni rosse lavorate tra le sostanze di “Gruppo 1”, certamente cancerogene al pari di tabacco, arsenico, asbesto e similari. La classificazione riguarda il rapporto chiaro tra consumo e malattia (in particolare del colon-retto), non l’entità del rischio. La carne rossa è stata inserita nel “Gruppo 2A”, che include sostanze per cui esiste evidenza meno stringente del rapporto consumo-malattia. Nulla di nuovo dal punto di vista scientifico, dopo anni di evidenze crescenti sui rischi del consumo di carne, ma di certo una svolta possibile di cui è indispensabile comprendere la portata. La prima reazione generale sembra essere: “Cautela e moderazione”. “È necessario spiegare meglio il significato di questa classificazione” afferma Carmine Pinto, presidente dell’Associazione italiana oncologia medica. Che per chiarezza aggiunge: “Continuerò a non togliere le carni dalle indicazioni alimentari ai miei pazienti”.
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Umberto Veronesi, uno dei fari dell’oncologia italiana e notoriamente vegetariano, ha commentato l’annuncio dell’Oms come una “vittoria della scienza sulla malattia, non certo dei vegetariani sui carnivori”. Tra chi ha deciso di bandire la carne dalla propria dieta ci sono però opinioni anche differenti. “Da anni lavoriamo per spiegare l’inutilità e addirittura dannosità del consumo di carne su più fronti” afferma Carmen Nicchi in Somaschi, Presidente dell’Associazione vegetariana italiana.
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