80 giorni di sciopero, 80 giorni senza stipendio. In presidio da mattina a sera davanti ai cancelli dell’azienda. Dentro i macchinari fermi che i vertici di K-Flex avrebbero voluto portare altrove. In Polonia.
Oggi alle sei di mattina, con il primo turno, gli operai hanno cercato di rientrare in fabbrica. Avrebbero voluto riprendere quel lavoro che l’azienda gli nega. Ad attenderli le guardie private davanti al cancello chiuso. “K-Flex dice che si trova costretta a rifiutare la nostra disponibilità a riprendere l’attività lavorativa”, ci raccontano i lavoratori.
La decisione di rientrare al lavoro dopo 80 giorni di sciopero era nata ieri dopo che i sindacati hanno presentato un ricorso contro l’azienda per comportamento antisindacale. “In attesa del pronunciamento del tribunale avremmo voluto riprendere i nostri posti”. Un ricorso presentato perché l’azienda, dicono si sindacati, non ha rispettato l’accordo aziendale di dicembre 2016 e non ha aperto una trattativa sui licenziamenti collettivi. Sono 187 le persone che resteranno a casa, le lettere di licenziamento individuali arriveranno dopo il 26 aprile. I vertici di K Flex non si sono mai presentati agli incontri al ministero dello sviluppo economico, sollevando le critiche della viceministro Teresa Bellanova che non è riuscita, però, a far cambiare idea a un’azienda che negli ultimi tre anni ha preso 36 milioni di finanziamenti pubblici.
Lo scorso 28 dicembre K-Flex e sindacati avevano firmato un accordo secondo cui la proprietà dell’azienda si impegnava a mantenere i livelli occupazionali e la produzione nello stabilimento di Roncello almeno per un altro anno. Carta straccia.
La proposta dell’azienda sono 15mila euro a lavoratore come incentivo all’uscita.
Questa mattina la trasmissione Snooze è tornata a Roncello dagli operai tenuti fuori dal loro posto di lavoro. Il presidio andrà avanti, “veniteci a trovare, supportateci, non lasciateci soli“.
L’intervista ad Antonio è di Alessandro Braga: