Ogni anno assistiamo a polemiche a fini elettorali e di basso profilo: perché la Liberazione è ancora usata come palcoscenico? Lo Storico dell’Università di Torino Giovanni De Luna, sul significato del 25 aprile, terreno di scontro della politica ogni anno, “autobiografia della nazione”, propone prima di tutto “un patto di cittadinanza”: questo è il suo valore e la sua attualità incompiuta.
L’intervista è tratta da Memos di Lele Liguori del 18 aprile.
25 Aprile: una data in cui riconoscersi
Il 25 Aprile oggi è quello che è sempre stato: una sorta di sismografo che ci segnala le inquietudini del sistema politico italiano. Il 25 aprile non è mai stata una data pacificata, una data da normalizzare. Il 25 Aprile è il segnale che nelle viscere di questo Paese si nascondono ancora i germi di un fascismo che da questo punto di vista può veramente considerarsi l’autobiografia della nazione. Le cose che succedono non stupiscono, pensi che nel 1955 l’arcivescovo di Milano Monsignor Montini, che poi diventerà Papa Paolo VI, in piazza del Duomo nel suo discorso celebrò questa omelia all’interno della quale i morti erano tutti uguali: fascisti, antifascisti, partigiani e repubblichini venivano tutti messi sullo stesso piano. Sono le convulsioni del sistema politico che si ritrovano nel 25 Aprile. Io credo che il 25 aprile non possa prescindere dal 2 Giugno: sono due date strettamente e geneticamente legate. Il presupposto del 2 Giugno e della Costituzione è il 25 Aprile. Per me è una data in cui riconoscersi compiutamente, è una data che propone dei valori intorno a cui ispirarsi per costruire un patto di cittadinanza.
La destra che abbiamo in Italia non riconosce il 25 aprile e sembra anche non riconoscere il valore repubblicano di quel 2 Giugno perché ha una sorta di allergia con la democrazia. Siamo ancora un’eccezione oppure anche le altre destre in giro per l’Europa si stanno un po’ uniformando a questo carattere italiano?
No direi che è un tratto Europeo. Che ha delle specificità nazionali rispetto ai singoli paesi ma che comunque si ripropone ovunque. Il passato novecentesco è un passato che non passa, è un passato che alimenta ancora oggi ferite, rancori e recriminazioni dappertutto. Perché c’è una sorta di tempesta emotiva che in Francia o in Germania, nei paesi dell’Est o in Italia investe la costruzione di un patto di cittadinanza fondato sui valori del passato. Oggi il passato viene usato strumentalmente contro un avversario politico, è un passato senza spessore, appiattito sul presente e sulle esigenze del presente, che sono esigenze puramente elettorali. Quello che colpisce è l’immediatezza di questi questi bastoni che vengono agitati contro il nemico. Non c’è il tentativo di costruire una nuova religione civile alternativa, un nuovo patto di cittadinanza alternativo, ma c’è soltanto da spendersi sul piano dell’immediatezza emotiva questo tipo di argomentazioni in funzione elettorale. Anche lo spostamento dei 5 Stelle verso l’antifascismo è evidente che viene proposto in chiave elettorale per potersi distanziare dalla Lega a cui sono stati gregari e subalterni in tutti questi mesi di governo. Si rimane perplessi, non c’è più il tentativo di una nuova narrazione che riproponga il passato come elemento fondamentale della nostra religione civile.
Il portale per conoscere i Partigiani
A Torino è stato presentato il portale Partigiani d’Italia che ha lo scopo di rendere accessibili le 650.000 schede relative alle richieste di riconoscimento della qualifica di Combattente nelle file della Resistenza. Quanti furono i partigiani italiani? Il commento e l’analisi di Giovanni De Luna.
Le schede sono conservate nell’archivio centrale dello Stato. Che cosa raccontano quelle schede? Intanto c’è una questione che riguarda i numeri, quanti sono i Partigiani in Italia che sono censiti, quantitativamente?
Sì, i numeri che questa ricerca ha proposto sono molto significativi. Sono cifre e numeri che scaturiscono dal lavoro fatto dalle commissioni per il riconoscimento della qualifica di partigiano che lavorarono sostanzialmente dal 45 al 48. Su 640.000 richieste in realtà 123.000 furono quelli riconosciuti come partigiani effettivi, più altri riconosciuti sotto vario titolo e si arriva più o meno una cifra di 250.000 totali.
Sono tanti o sono pochi, professore?
Sono pochi rispetto ai milioni di Italiani che erano iscritti al Partito Nazionale Fascista e affollavano nelle piazze oceaniche di Mussolini, ma sono tantissimi se si confrontano con il momento storico. La scelta di diventare partigiano fu fatta in un momento in cui si poteva scegliere: o stare tutti a casa e rifugiarsi nell’intimità domestica della propria famiglia aspettando che passasse la nottata, come diceva Eduardo De Filippo, oppure schierarsi con la Repubblica di Salò e godere del l’ombrello protettivo della Wehrmacht che era il più forte esercito mai schierato in Italia. Questi per fortuna fecero un’altra scelta, scelsero di disobbedire e rischiare, questo fa delle loro esperienze un lascito da cui non si può prescindere. Certo furono una minoranza, ma una minoranza che fu chiamata a riscattare l’ignavia della maggioranza! È sempre stato così in questo Paese, sono sempre state le minoranze a produrre delle svolte. Il Risorgimento fu una minoranza non certo la maggioranza. Quindi da questo punto di vista queste cifre sono la dimensione quantitativa della Resistenza ma sono anche una dimensione qualitativa della Resistenza. Nei mesi immediatamente successivi al 25 aprile ci fu il tentativo di salire sul carro dei vincitori. Ecco queste commissioni vagliarono con grande rigore e accuratezza le richieste di diventare partigiano riconoscendo soltanto le qualifiche che effettivamente si potevano riconoscere. Dal 48 in poi questo cambia perché l’ansia di diventare partigiano per lavarsi la coscienza di essere stati fascisti finisce, anzi essere stati partigiani diventa un disvalore, non diventa più valore perché l’Italia degli anni 50 è un’Italia che rimuove la Resistenza dal nostro tessuto civile.
Questo portale è consultabile già adesso o dobbiamo ancora aspettare?
È consultabile già adesso ed è molto interessante perché permette di ricostruire storie familiari, permette di ricostruire tessuti sociali, un contesto complessivo all’interno del quale ambientare queste storie di uomini e di donne che dal punto di vista individuale furono quelli che riscattarono l’Italia, indipendentemente dalla loro sede politica, dal loro essere schierati in un partito o meno. Io credo che questo portale ci avvicini direttamente agli individui che fecero la Resistenza.
Qui trovi il link alla puntata di Memos del 18 Aprile.
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