La voglia di esserci, di partecipare. È il primo dato politico della manifestazione di ieri. Non era scontato, a due mesi dallo scoppio della guerra, con le divisioni e le lacerazioni che il dibattito sulla risposta all’invasione russa dell’ucraina ha portato anche nel campo di chi ieri era in piazza. Ha prevalso il 25 Aprile. Gli applausi alle medaglie dei partigiani e gli applausi agli ex deportati.
Quando il corteo era partito e aveva iniziato a sfilare davanti al punto dove la comunità ucraina, la brigata ebraica, il gruppetto con le bandiere della Nato attendevano di entrare nel serpentone, un paio di contestazioni si sono viste. E qualcuno che si fermava e chiedeva “ma perché quelle bandiere?”. Poi però sono passati i cartelli neri con i nomi dei campi di sterminio e si sono fermati tutti, e tutti hanno applaudito, in silenzio, come sempre.
Ha prevalso la voglia di testimoniare. C’è stato qualche slogan contro il PD all’inizio da parte di qualche decina di persone con le bandiere dei Carc, si è sentito qualche solito fischio alla brigata ebraica ma si può dire che è stata poca roba sia rispetto a chi temeva il peggio, sia rispetto a diverse contestazioni del passato, ben più corpose e rumorose.
Ha prevalso il collante della memoria della lotta contro il nazifascismo. E pure sulla condanna della guerra di Putin, ribadita da chi ha parlato dal palco, gli applausi erano corali. Ma che fossero tutti d’accordo sul che fare, quello no. In quel senso abbiamo assistito a cortei nel corteo. Gli ucraini che chiedevano sostegno per la guerra. Il fiume di bandiere della pace. I partiti ciascuno con la propria posizione politica sul sì o no all’invio delle armi ribadita dai leader ai cronisti. E lo stesso vale per chi ha preso la parola dal palco, il sindaco di Milano Sala, Landini, Pagliarulo. Mentre parlavano, in piazza si mischiava il corteo. Le bandiere rosse e quelle dell’ucraina, quelle della pace e quelle dei partiti. Gli studenti coi loro slogan. Provando a stare insieme, almeno per un giorno.