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Tratto dal podcast
Prisma di mer 13/11 (prima parte)
Italia | 2019-11-13
“Milano attrae ma non restituisce quasi più nulla di quello che attrae“. Questa la frase pronunciata dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale Giuseppe Provenzano durante il suo intervento al dibattito “il Meridione visto da Nord” organizzato l’altro giorno a Milano dall’Huffington Post.
Provenzano, eletto in quota PD, ha approfondito il proprio punto di vista, ma è stata quella singola frase a farlo travolgere dalle polemiche:
Tutti decantiamo Milano, ma non è la prima volta nella storia d’Italia che è un riferimento nazionale. A differenza di un tempo, però, oggi questa città attrae ma non restituisce quasi più nulla di quello che attrae. Intorno ad essa si è scavato un fossato: la sua centralità, importanza, modernità e la sua capacità di essere protagonista delle relazioni e interconnessioni internazionali non restituisce quasi niente all’Italia. È la sfida che dovremo provare a cogliere.
Oggi il Ministro Provenzano è intervenuto a Prisma su Radio Popolare anche per chiarire quel discorso e mettere fine alla narrazione che lo vorrebbe in contrapposizione col sindaco di Milano Beppe Sala proprio per quelle dichiarazioni.
Io mi sto occupando di come velocizzare gli interventi già previsti di bonifica e riqualificazione, di istituire la zona economica speciale per sfruttare i vantaggio competitivi del porto di Taranto, che in questi anni è stato un po’ abbandonato. tutto questo ha a che fare con quella vocazione mediterranea che dobbiamo ritrovare al Sud. A proposito di questo ricordo che nel 2026 ci saranno non solo le Olimpiadi Invernali di Milano e Cortina, ma anche i Giochi del Mediterraneo a Taranto. Io vorrei che diventassero un appuntamento importante per l’intera nazione come saranno le altre. La logica di superare le contrapposizioni tra nord e sud, che è stata paradossalmente il senso del mio intervento che ha scatenato tutte quelle polemiche. Polemiche che, me lo lasci dire, sono inesistenti e infondate, perchè con Sala non c’è stato nessun battibecco e nessuna reazione piccata. Lui era presente in sala e abbiamo discusso dello stesso problema.
Lei ha proposto un ragionamento molto interessante sul divario che c’è tra Milano e il resto d’Italia. “Milano cresce e attrae, ma non restituisce“. Questa è stata la frase che ha aperto quella polemica. Cosa intendeva dire?
Quando ho detto che non restituisce intendevo dire che da Milano non si diffonde quello sviluppo e quei processi di cambiamento che invece nella città di realizzano. Non è la responsabilità di Milano, solo uno scemo penserebbe questo. Non restituisce perchè non può restituire: quel fossato che si è scavato impedisce la diffusione di quei processi di sviluppo senza politiche che lo accompagnino. Il senso del mio ragionamento è condiviso anche da Sala: costruire dei ponti oltre quei fossati, diffondere anche quei processi e le buone prassi che esistono a Milano, anche con politica che tengano più unito il Paese. Questo serve all’Italia, ma serve anche a una città come Milano che, per quanto forte, da sola non può bastare. Questo è il tema che abbiamo affrontato l’altro giorno ed è un tema di cui sta parlando mezzo mondo. E in Italia invece è stato ridotto ad una polemica che assolutamente non c’è stata.
Il tema della coesione territoriale è proprio di sua competenza nel governo. Le domandiamo quali politiche può mettere in campo il governo.
È esattamente il tema che ho proposto io. La coesione territoriale non riguarda più soltanto il divario tra nord e sud e a Milano abbiamo parlato proprio di questo. Riguarda la distanza tra centro e periferie, tra città e campagne deindustrializzate, tra centri urbani e aree interne. Io ho raccontato la prima cosa concreta che ho fatto al governo, cioè raddoppiare le risorse, e dunque anche gli interventi, per la strategia nazionale sulle aree interne. Questo non riguarda solo il Sud, riguarda anche il centro-nord e le stesse valli lombarde a rischio spopolamento. Questo significa servizi più efficienti in quelle realtà e anche una prospettiva di sviluppo legata alle vocazioni produttive del territorio. Senza lavoro buono non si costruisce il futuro.
C’è un tema che va al di là dell’economia e riguarda la nostra tenuta democratica. A dispetto di quando si dice che lo sviluppo si fa con la concentrazione e con l’agglomerazione, i contraccolpi di questo sono enormi. I luoghi che non contano e percepiscono di non contare poi si vendicano e lo fanno votando Trump o votando Brexit o i nazionalisti in tutta Europa. È un tema che riguarda chi ha a cuore le sorti della democrazia e, come me, anche della sinistra. Lo dico con chiarezza: ho stima e simpatia per il sindaco Beppe Sala e per la sua giunta. Sono orgoglioso come democratico e uomo di sinistra dell’innovazione sociale che esiste a Milano, delle sue buone pratiche e della civiltà che Milano ogni giorno testimonia, da ultimo quella manifestazione di solidarietà alla senatrice Segre. Detto questo, un minuto dopo mi occupo di come colmare i divari territoriali, perchè questo è il mio mestiere. Mi interessa farlo non solo a partire dal sud, ma anche tra le aree del nord.
Queste differenze si ritrovano anche nella città di Milano. Il divario tra centro e periferia o ricchi/poveri sarà uno dei temi centrali della stessa città di Milano.
Su questo la giunta di Milano ha molto da dire perché si è impegnata tantissimo sulle periferie. Io ho più volte parlato di questi temi con l’assessore Majorino prima che facesse l’eurodeputato. È un tema che sta a cuore a Milano. Il ragionamento che ho fatto l’altro giorno è un ragionamento condiviso dal sindaco. Capisco che è interessante portare avanti una polemica e una finta rissa. Se io le dico che non è una rissa e anche il sindaco dice che non lo è…
Come colmare questo divario territoriale?
Io sto lavorando ad un piano per il Sud che vorrei si chiamasse “Piano per l’Italia”. Investire al sud è interesse dell’intero Paese, anche del centro-nord. In tutti questi anni abbiamo discusso di contrapposizione territoriale trascurando invece la forte interdipendenza che c’è tra le aree e avere un sud più forte fa bene anche al centro-nord. In legge di bilancio ci sono già i primi interventi in questo senso. Noi abbiamo la necessità non di stanziare più risorse, ma assicurare a ciascuno ciò che gli spetta. E poi essere capaci di spenderle e accelerare gli interventi. Abbiamo anche provato ad investire, in particolare al sud, sulle imprese che innovano, che fanno investimenti e che puntano sulla ricerca e l’innovazione. Le misure di politica industriale sono molto tarate sul Mezzogiorno che ha bisogno di recuperare. E poi c’è un tema che riguarda i piccoli comuni. Ricordavo la strategia delle aree interne, ma anche il fondo creato per le infrastrutture sociali che servono a quella coesione delle comunità che è la prima base per costruire un futuro. Lì abbiamo bisogno di recuperare una distanza. E dobbiamo ritrovare delle missioni comuni. Possiamo pensare che una partita come quella del Green New Deal si possa giocare sulla vecchia e abusata contrapposizione tra le città e la competizione dell’una con l’altra e non come un sistema Paese integrato? Tutto questo significa avere un punto di vista più generale sul nostro Paese e sul nostro futuro.
Prima ha parlato dei territori che si sentono trascurati e poi si vendicano. Questo mi ricorda la ricerca dell’Istituto Cattaneo di Bologna che, in previsione del voto in Emilia Romagna, rivela che i territori più ricchi vicini alla via Emilia votano in un modo, mentre i territori dell’Appennino, più lontani dai centri più ricchi, votano in un altro modo. Questo è qualcosa di cui il Partito Democratico dovrà farsi carico nella campagna elettorale in Emilia.
Era proprio il senso del mio intervento dell’altro giorno. Riguarda l’Emilia, ma riguarda anche l’Occidente. La vendetta dei luoghi che non contano è la formula utilizzata da un grandissimo studioso della London School of Economics. In America i liberali stanno rimettendo testa sul fatto che la loro presenza non può essere concentrata solo nelle grandi città e si pongono il tema delle aree rurali. Penso che sia giunto il momento di aprire questa discussione anche nel nostro Paese, facendola con serietà e rispetto reciproco, il rispetto che io provo per Milano senza dovermi giustificare ogni volta che pongo il tema delle aree che sono più indietro. La politica deve sporcarsi le scarpe e io sono tra quelli pronti a farlo.
Foto | Palazzo Chigi