Approfondimenti

Una ricetta per l’ambiente dalla Sierra Leone

Yvonne Aki Sawyerr - Freetown

La Sierra Leone è uno degli stati più poveri al mondo ed è anche tra i più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici. Freetown, la capitale, accoglie più o meno un milione e mezzo di abitanti di cui circa un quinto vive nelle baraccopoli. Dal marzo scorso, Yvonne Aki Sawyerr è la seconda donna a dirigere la città. Ex consulente privata, è stata eletta con quasi il 60% dei voti e il suo programma è particolarmente all’avanguardia in campo ecologico.

Il mio viaggio per diventare sindaco di Freetown – dice Yovonne Aki Sawyerr –  è iniziato perché da sempre lotto per il futuro del mio paese. Vent’anni fa, quando ci sono stati la guerra civile e un genocidio, ho cofondato il Sierra Leone War Trust. Abbiamo lavorato con donne e bambini per vent’anni. Prima con le madri che  erano state evacuate, poi con gli ex bambini soldato e negli ultimi dieci anni abbiamo creato delle borse di studio per le ragazze degli slums. Durante l’epidemia di Ebola, quando la gente scappava da Freetown, io, pazza, il 13 novembre 2014 sono atterrata in città e ho finito per diventare la direttrice del National Ebola Response Centre. E sono rimasta fino alla fine dell’epidemia, un anno dopo. Il governo mi ha poi chiesto, come consulente, di guidare il programma di ripresa economica. Ed è a quel punto che ho capito quanto l’assenza di politiche, processi e soprattutto di una visione del futuro avesse avuto delle conseguenze sulla città e sull’ambiente della città. Ed è il motivo per cui mi sono candidata.”

Nel 2017, la futura sindaca assiste impotente ai danni causati dalle forti piogge: un enorme smottamento fa oltre 1000 vittime e 5000 sfollati. Tra le concause, la deforestazione della città, che ha perso oltre il 40% della vegetazione in dieci anni. Appena insediatasi, lancia una serie di iniziative coraggiose che, a fine gennaio di quest’anno, riunisce nel programma Trasformare Freetown.

Quali sono le vostre priorità?

La gestione dei rifiuti solidi è una priorità ma anche la riforestazione. Gli alberi delle nostre colline sono stati tagliati, la mangrovia è stata distrutta… E la mangrovia è importantissima, perché sotto le sue radici vivono molti pesci e la loro scomparsa ha un importante impatto economico. Ovviamente l’assenza di alberi pone altri problemi, ad esempio aumenta il rischio di inondazioni. Quindi al momento è una delle nostre priorità, vogliamo cercare di aumentare la forestazione del 50%. Ma non dobbiamo dimenticare il problema degli alloggi. È una sfida che va affrontata perché è alla base di molti problemi. L’idea è di creare nuove abitazioni e migliorare le condizioni degli slums.

Secondo lei quindi è tutto connesso?

È tutto connesso. Non si può parlare di clima e basta. Perché sono i mezzi di sostentamento e la loro mancanza che condizionano i comportamenti delle persone nei confronti dell’ambiente. Poco fa parlavo di plastica e ho accennato ai problemi che abbiamo con l’acqua : siccome abbiamo poca acqua potabile si è sviluppata questa cultura del bere l’acqua da sacchi e bottiglie di plastica. Tutto è connesso, non puoi occuparti di una cosa senza occuparti dell’altra.

Quali iniziative concrete avete preso?

Ci siamo fissati 19 obiettivi, che sia la creazione di 5000 alloggi, l’incremento al 60% della raccolta di rifiuti… E per farlo abbiamo lanciato 37 iniziative. Una di queste è il concorso per il quartiere più pulito. È un’idea che ci aiuterà a realizzare il nostro obiettivo in materia di igiene ma anche di cambiare i comportamenti. Le persone sono incentivate a pulire l’ambiente o piantare alberi. Per fare in modo che abbia un vero effetto abbiamo offerto dei premi significativi che andranno ai quartieri vincitori. In città ci sono 32 quartieri in cui vivono piccole comunità di circa 3000 persone. Quindi quando vinci un premio fa davvero la differenza. Ci sono dieci lampioni ad energia solare, una fontana pubblica, 250 metri di strada lastricata fatta a partire da plastica riciclata o dieci borse di studio per ragazzi. Questo tipo di premi ispira le comunità, le spinge ad unirsi per provare a vincere e domandarsi: la città non ha tutte le soluzioni ma noi, come comunità, cosa abbiamo deciso di fare? Non consideriamo il punto di partenza ma quello che si è riusciti a fare. Anche chi vive negli slum può vincere perché vogliamo vedere quanto si è migliorati, è un punteggio relativo, non assoluto.

È un modo di creare senso civico

Responsabilità, è proprio li’ il punto. Durante la mia campagna ho introdotto il termine Freetonian e la gente se ne è appropriata. L’idea è costruire un senso di comunità, di ecoresponsabilità e di appartenenza. Siamo tutti Freetonian e vogliamo dare una possibilità alla città. Questo è il mio ideale, il nostro ideale e credo che stia facendo la differenza.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Il giorno della memoria quest'anno è attraversato dalla necessità del ricordo della Shoa senza quasi più testimoni e contemporaneamente da due fenomeni che ne investono il senso e l’attualità: da una parte la guerra a Gaza e dall'altro il ritorno di formazioni politiche vincenti in Europa e altrove che non hanno timore di richiamarsi in parte o in toto agli argomenti e ai simboli del totalitarismo. Ne parliamo con Simon Levis Sullam, professore di Storia contemporanea alla Ca' Foscari di Venezia, autore di "I fantasmi del fascismo. Le metamorfosi degli intellettuali italiani nel dopoguerra (Feltrinelli, 2021) e "Una comunità immaginata. Gli ebrei a Venezia, 1900-1938" (Unicopli 2017); mentre parliamo di "Shoa distortion" e "Shoa washing" con Daniele Susini, storico, scrittore e formatore sui temi della memoria del Novecento, autore di "La Resistenza ebraica in Europa. Storie e percorsi, 1939-1945" (Donzelli, 2021) e "Vittime e carnefici Le stragi nazifasciste lungo la Linea Gotica orientale" (Donzelli, 2024). A cura di Claudio Jampaglia.

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