Il 18 Marzo durante uno scontro a fuoco a Baghuz in Siria è morto Lorenzo Orsetti, trentaduenne fiorentino, combattente delle milizie curde YPG che fronteggiano l’Isis. Nella trasmissione Malos di Radio Popolare, Davide Facchini e Luigi Ambrosio hanno intervistato Claudio Locatelli: ex combattente, giornalista freelance in Siria e amico di Lorenzo Orsetti con cui è rimasto in contatto per ricevere aggiornamenti.
Orsetti nel suo testamento reso noto dopo morte, scriveva: “La mia vita resta comunque un successo, sono quasi certo che me ne sono andato con il sorriso sulle labbra, non avrei potuto chiedere di meglio”. Il papà di Lorenzo ha detto “Siamo orgogliosi di lui . Claudio Locatelli ha accettato di darci un ricordo di Lorenzo e dell’esperienza della guerra in Siria.
Il ricordo che posso trasmettervi è quello di quando l’ho incontrato mentre io uscivo dalla battaglia di Raqqa dopo la liberazione della città vecchia e lui iniziava il suo percorso entrando in Siria come combattente. Ci siamo incontrati in Iraq, ho visto una persona lucida, determinata e con un grande senso pratico, tra l’altro è stato un cuoco, è una persona realmente altruista, una persona che è pronta a servire il prossimo. Stamattina è stata molto dura apprendere la notizia. Ha fatto molto male sapere che un rivoluzionario, perché di questo si tratta, lui è un rivoluzionario dalla A alla Z, una persona che è rimasta fino all’ultimo a fare quello che riteneva giusto per permettere a tutti noi, al popolo siriano ma anche a tutto il resto del mondo, di avere meno male su questa Terra. Non è stato immobile, non l’ha mai voluto fare. Ha combattuto contro Isis anche per dare luce a quei territori che erano prima di Isis. Ha combattuto nella Rivoluzione del Rojava: quello che i combattenti curdi, arabi, cristiani, laici, islamici hanno composto insieme liberando i territori di Isis. Lorenzo Orsetti ha combattuto per qualcosa di meglio, Lorenzo ha combattuto fino all’ultimo istante.
Hai detto che vi siete conosciuti là, qual è il percorso decisionale che può aver fatto Lorenzo prima di partire?
Ci tengo a parlare di Lorenzo oggi perché la gente deve venire a conoscenza di un eroe, una persona che realmente ha fatto la differenza. Dopo essere entrato nel ottobre del 2017 in Siria dall’Iraq, come molti di noi è rimasto a combattere. Prima contro l’invasione turco-jihadista di Afrin, un cantone ovest dei territori liberi, che dopo essere stata liberata dai gruppi jihadisti è stato invaso dalla Turchia che ha supportato nuovi gruppi jihadisti. Lui ha provato a combattere anche lì ha dato tutto quello che poteva e ha perso degli amici lì, come ne abbiamo persi anche noi. Dopodiché si è spostato ed è arrivato nella provincia di Deir ez-Zor nella parte orientale della Siria a combattere le ultime risacche del califfato. Ha sempre detto che la mentalità di Isis non è sconfitta. Ricordiamo cosa è successo in Nuova Zelanda l’altro giorno, modalità esatte di Isis portate avanti da un’altra persona ma l’idea di usare la violenza, la supremazia contro un’altra religione, contro un’altra etnia è esattamente Isis. Che non si facciano confusioni. Così come l’attentato di Macerata di Traini che sparò da una macchina in corsa contro delle persone semplicemente con un colore della pelle diverso. Contro tutto questo Lorenzo Orsetti nome di battaglia “Tekoser” ha combattuto, per dare speranza a un nuovo confederalismo democratico: un’unione di popoli con un nuovo modello di visione, meno individualista.
Con YPG in Kurdistan combattono persone che arrivano da tutto il mondo, che cosa si crea in quelle trincee tra di voi?
Si crea un senso di vicinanza dovuto all’obiettivo comune ma anche alla consapevolezza che non siamo rimasti nelle nostre case, non siamo rimasti dove è più comodo. Non siamo rimasti nei paesi ricchi della Terra, quelli che consumano più risorse. Questa consapevolezza ci unisce, ti fa rendere conto che speranza ce n’è ancora. Tanti di noi hanno scelto di essere operativi su campo volontariamente, sia maschi che femmine, perché ricordo che le YPG sono unità di protezione popolare, le YPJ sono unità di protezione femminili, sono tutti volontari. Questa scelta ci unisce in tutti i modi, indipendentemente dal background che abbiamo avuto.
Si crea anche una cultura politica diversa?
Si dovrebbe arrivare già con un certo grado di preparazione e di consapevolezza come Lorenzo aveva ma poi lì si capisce molto di più. Perché quando vedi com’era il mondo prima del califfato ed invece vedi quello che sta portando capisci. Credo che il confederalismo democratico nel nord della Siria sia lo stesso modo di pensare che ha portato la prima ministra della Nuova Zelanda proprio oggi ad andare ad abbracciare le famiglie delle vittime alla moschea della capitale neozelandese portando un velo, lei non è islamica, per rispettare in quel momento quel dolore e ricordando che la Nuova Zelanda è un insieme di culture esattamente come il nord della Siria. Quel tipo di pensiero secondo me ci collega tutti in qualche modo.
Forse il modo migliore per ricordarlo è lottare perché non si spengano i riflettori su quello che sta accadendo e soprattutto sul fatto che la lotta la fa un elemento ma quello che ne deriva è un vantaggio per chi la lotta non la fa. Fare informazione su quello che sta accadendo a Baghuz credo che sia una delle maniere migliori per ricordare Lorenzo Orsetti.
È necessario, non è morto invano. Ci tengo a chiudere con una frase di Lorenzo: “Ogni tempesta comincia con una singola goccia” questo l’ha scritto nella sua ultima lettera, nel suo addio e credo che sia esattamente quello che ognuno di noi può fare. Non serve il Kalashnikov per fare la differenza, a volte è necessaria un’estrema difesa per ciò che è giusto ma si può iniziare a prevenire le ingiustizie lavorando tutti i giorni. Ogni persona che ci sta ascoltando dovrebbe tenere a mente questo. Ognuno di voi, ognuno di noi può fare la differenza. Non c’è bisogno di arrivare fino in Siria.
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