Un’automobile rallenta, spunta la testa di un ragazzo che indossa un Fez nero. “Viva il Duce!” urla. Gli altri a bordo ridono, l’auto riparte. Le persone a cui il grido era rivolto rimangono impassibili. Sono funzionari di Polizia. Gli antifascisti sono qualche decina di metri più in là, nel teatro comunale di Predappio, linee semplici, razionaliste, architettura del ventennio come quasi tutti gli edifici pubblici di questo piccolo paese accoccolato sulle colline dolci della Romagna.
“Quest’anno deve essere l’ultimo in cui i fascisti manifestano qui” conclude il suo comizio Emilio Ricci, il vicepresidente dell’Anpi. Centinaia di persone, pochi i giovani ma presenze da tutto il nord e il centro Italia, lo applaudono in piedi. È la prima volta che accade, il 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma, giorno in cui Predappio vede sfilare i neri con i loro simboli di morte e di violenza, che la manifestazione antifascista assume un carattere così importante.
Non occorre chiedere perché. Tutti lo dicono: “Questa volta è diverso, questa volta siamo preoccupati“. Lo ripetono alle troupe delle tv perché oggi anche il circo mediatico è qui, nel paese dove nacque e dove è sepolto Mussolini, il figlio del fabbro che divenne il Duce e le cui frasi ragazzine appena adolescenti arrivate a rendergli omaggio accompagnate dai genitori portano stampate su felpe nere.
“Quest’anno siamo preoccupati“. La debolezza culturale e politica della sinistra, e un governo che è considerato amico dei fascisti. Un governo che è in realtà una persona, sempre la stessa, Matteo Salvini.
“Salvini è un fascista” sentenzia un ragazzo arrivato da Firenze “ma del resto Nardella non è molto diverso“. I suoi compagni lo interrompono, nasce una discussione sul sindaco di Firenze: “lo sai che non è vero“, “a me lui non piace“, “ma non puoi fare questo paragone“.
Da lontano, un dirigente Anpi osserva, poi si avvicina e dice: “Vedi, quanta confusione? È un problema“. Viene da Forlì, così come due trentenni, ragazzo e ragazza: “Amo le rievocazioni storiche” dice lui. Lei è più precisa: “Non so se essere più preoccupata o più schifata per quello che sta succedendo in Italia, sono cresciuta nella libertà e non voglio perdere la libertà“. “Sì, ma prevale lo schifo o la preoccupazione?“: “Oggi lo schifo, ma in prospettiva non possiamo stare tranquilli, bisogna reagire“.
Reazione. Altra parola molto usata. E dibattuta. “Questa non è la contromanifestazione – urlano dal palco – questa è la manifestazione, la sola, la manifestazione per commemorare chi è morto per la libertà“. Giù dal palco il sentimento è un altro: “Loro sono già maggioranza” dice un uomo sulla sessantina, una vita di militanza alle spalle “bisogna prendere atto e lavorare, lo vedi sull’immigrazione, lo vedi sui diritti“.
“Non sono maggioranza – fa sintesi un quarantenne che si è fatto tre ore di auto dalla Toscana per essere a Predappio – ma il pericolo vero è che si sta sfaldando la cultura democratica, non è più così sentita“. Tornerà il fascismo? “Il fascismo come fenomeno storico no, ma un regime autoritario potrebbe tornare, sì, a molti piacerebbe, molti non sarebbero contrari“.
Si fa vedere Vasco Errani, l’ex presidente dell’Emilia Romagna oggi senatore di Liberi e Uguali. È il solo politico presente. I partiti. Non ci sono, a Predappio. Sono come un fantasma che non viene nominato, una mancanza, un vuoto. Intanto gli ultimi fascisti lasciano il paese. Erano attesi in quattromila, si sono presentate alcune centinaia di persone, coi loro teschi sui cappellini neri, i loro stemmi della Decima Mas, i loro ‘me ne frego’ sulle magliette nere. Un vecchio esce tutto tronfio da uno dei negozi che vendono paccottiglia del Duce, felice di sventolare una bandierina nazista con la croce uncinata. I Carabinieri osservano da lontano attenti che non ci siano contatti. Sui social gira l’immagine di una donna che indossa una felpa inneggiante ad Auschwitz.
“È il clima politico che li fa sentire sicuri di sé” si spiega un uomo mentre l’altoparlante diffonde Bella Ciao nella versione inglese “così sicuri che possono esibire certe cose, a testa alta“.
Smette di piovere, esce l’arcobaleno su Predappio, dentro al teatro ci sono i canti dei Partigiani, si prepara un breve corteo verso il circolo Arci dove cuociono le tagliatelle e il ragù.
“L’anno prossimo, solo la nostra maninfestazione, mai più fascisti qui“. Dovrete spiegarlo a Salvini: “Salvini dovrà ascoltarci“.
Sulla strada stretta che porta a Forlì, tutta a curve in mezzo a una natura magnifica nel primo fine settimana di autunno, i pullman dei neri incrociano le scritte lasciate sui muri: “La Romagna è antifascista“.