Marco Cappato, esponente dei Radicali e dell’Associazione Luca Coscioni, è una delle figure che in Italia più si è impegnato e più si sta impegnando nella disobbedienza civile con l’obiettivo di far prevalere quei principi di libertà fondamentali previsti dalla Costituzione italiana e che leggi troppo datate non permettono di garantire.
Da qualche mese è in libreria il suo libro “Credere Disobbedire Combattere – Come liberarci dalle proibizioni per migliorare la nostra vita” e oggi, a poche ore dall’arresto del sindaco di Riace Mimmo Lucano, abbiamo fatto con lui una chiacchierata incentrata proprio sulla disobbedienza civile e sulle battaglie che sta portando avanti da tempo.
Quante volte lei è stato indagato?
Sono sotto processo per un reato che prevede una pena da un minimo di 5 a 12 anni di carcere, ho due processi in corso – uno per la morte di Dj Fabo, Fabiano Antoniani, e uno per la morte di Davide Trentin. Il 23 ottobre la Corte Costituzionale deciderà se il reato del 1930, quindi in piena epoca fascista, di aiuto al suicidio sia ancora compatibile con la Costituzione italiana e i principi di libertà fondamentali. Nel caso in cui la Corte Costituzionale decidesse che il reato è incostituzionale sì aprirà la porta al suicidio assistito in modo legale per i malati terminali, altrimenti i miei due processi riprenderanno con una pena minima da 5 anni e fino a 12 anni di carcere.
Quando lei fa quelle cose e agisce in situazioni come quelle, lei sa che vìola la legge.
Beh, quello che io ho fatto il ritorno dalla Svizzera è stato andarmi a denunciare alla stazione dei Carabinieri di via delle Forze Armate a Milano, chiedendo allo Stato di intervenire. Io non ritengo di violare la legge, ma la legge nel senso della Costituzione e dei principi costituzionali fondamentali. Sicuramente violo la lettera del codice penale fascista sull’aiuto al suicidio, quindi la mia è una sfida pubblica ed esplicita. Sarà la Corte Costituzionale a esprimersi proprio su questo, se esistono dei principi di libertà fondamentale che sono prevalenti sulla lettera della legge in materia di suicidio assistito e di eutanasia.
La disobbedienza civile è uno dei capisaldi della politica dei Radicali, che si sono anche ispirati a figure come Gandhi. È proprio un principio che sta alla base dell’azione politica di persone come Cappato. Qual è il confine tra disobbedienza civile e pura e semplice illegalità?
Un primo confine è quello dell’assunzione di responsabilità, naturalmente con una complicazione come nel caso di Lucano, il sindaco di Riace. Quello che io ho fatto, cioè una autodenuncia pubblica, ha messo nei guai solo me stesso. Anzi, ho attirato su me stesso le responsabilità di quello che era accaduto. Quando invece si parla della gestione dell’accoglienza la questione è più complessa, perché poi riguarda anche le persone alle quali questa assistenza viene fornita. Il sindaco di Riace non ha praticato un’azione di disobbedienza civile, nel senso classico della parola, per la quale ha chiesto di essere eventualmente perseguito, ma non ha nemmeno agito in modo nascosto rispetto alle sue finalità e i suoi obiettivi. Io personalmente non ho bisogno di aspettare le indagini della magistratura per dire che, per quanto mi riguarda, ha rispettato e ha fatto vivere dei principi di umanità di solidarietà che sono prevalenti rispetto alla lettera delle leggi sull’immigrazione.
Non c’è il rischio che poi qualcuno interpreti la legge un po’ come crede, secondo la sua sensibilità? Io posso dire che secondo me quella legge è sbagliata e quindi faccio disobbedienza civile. Sono gli obiettivi politici dichiarati a fare la differenza?
Sicuramente se il sindaco di Riace, o io stesso per le iniziative che ho fatto, pretendesse di avere una sorta di impunità per il fatto di agire nelle proprie convinzioni, questo sarebbe scorretto e soprattutto soggettivo. Non c’è un criterio oggettivo per distinguere il limite che tu ricordavi. Io posso fare della disobbedienza civile secondo i miei principi, poi ci sono dei farmacisti che impediscono alle donne di accedere alla pillola del giorno dopo: in questo modo più che essere un’obiezione di coscienza impongono la propria coscienza sugli altri. Non è che se uno fa un’azione di disobbedienza, allora ha ragione. Bisogna entrare nel merito ed è uno scontro politico: la disobbedienza civile è comunque un’azione che rientra nel campo della politica. Noi la stiamo facendo e praticando anche rispetto alla questione delle droghe con Rita Bernardini sulla cannabis, perchè chiediamo al Parlamento di decidere finalmente sull’eutanasia e sulle droghe, come imporrebbe la Costituzione. E su questo mi permetto di invitare gli ascoltatori al XV Congresso dell’Associazione Luca Coscioni che si terrà al Università Statale di Milano questo fine settimana.
Lo facciamo per dare forza politica a delle convinzioni che si radicano anche sulle azioni di disobbedienza civile, ma questo non significa pretendere di avere ragione, è uno scontro politico e si può non essere d’accordo. Non è la disobbedienza civile una parolina magica con la quale ognuno fa quel che vuole.
È una questione politica alla fine, una questione politica che nel caso, ad esempio, della liberalizzazione delle droghe leggere o del suicidio assistito o delle migrazioni riporta un po’ tutta la questione alle scelte politiche che si vogliono fare.
Assolutamente sì. Credo che il caso del sindaco di Riace sia un caso di confine. Sicuramente Lucano non ha mai nascosto la sua contrarietà a un certo tipo di restrizioni e di leggi, anzi ha costruito apertamente una sorta di comunità che lavora ed opera al limite della legalità e non ha operato per nascondere o occultare le proprie convinzioni. Pur non essendo un’azione con autodenuncia o con sua esplicita volontà e scelta di essere sottoposto a procedimenti giudiziari, credo che anche per lui possa essere una occasione, e quindi anche un’occasione per tutti noi, di rivendicare la prevalenza dei principi di umanità e solidarietà fondamentali.
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