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Riace: “Ce la faremo con le nostre gambe”

Comune di Riace

Governo e Prefettura non sbloccano da mesi i fondi per Riace, il Comune con 600 abitanti di cui la metà rifugiati e migranti. Un esempio internazionale di accoglienza e di un modello di integrazione, ripopolamento, rinascita culturale e sociale.

Vogliono punire la nostra esperienza“, racconta il sindaco Domenico Lucano che lancia una gara di solidarietà “per farcela da soli, con le nostre gambe”.

L’intervista di Claudio Jampaglia a Giorni Migliori.

Un’iniziativa molto spontanea perchè c’è stato uno sbarco tanti anni fa, eravamo proprio agli albori dei temi dell’immigrazione e dell’accoglienza e sulla nostra spiaggia è arrivato un veliero con dei profughi del Kurdistan. Io non ero ancora sindaco all’epoca, ma abbiamo dato impulso a quelle che sono le normali sensibilità che ognuno dovrebbe avere quando ci sono delle persone che ti chiedono di essere aiutate. Subito è scattata anche un’idea: ripopolare il borgo di Riace – il comune ha una parte bassa, che è la marina, e una parte alta che è a 7 chilometri, il borgo antico – dissanguato dall’emigrazione per ragioni di lavoro. La comunità locale è emigrata oltreoceano. L’idea di ripopolare le cosiddette aree interne della Calabria ionica è stata un’idea importante, perchè ha rigenerato il tessuto sociale, abbiamo recuperato la scuola, abbiamo creato fattorie didattiche.

Di quante persone parliamo?

Nella parte alta di Riace dove vivo anche io e dove c’è il Municipo, siamo una comunità di 600 persone, 300 cittadini riacesi e 300 cittadini immigrati. Si vive in una condizione di normalità e di rapporti umani. Le persone sono felici perchè sono protagoniste dello spazio, del territorio, vanno a scuola, lavorano nei laboratori multietnici, lavorano in cooperative miste. Riace riconosce importanza a queste persone che sono arrivate con una causalità e da cui dipende oggi anche il destino futuro della comunità. È un esperimento in cui nessuno era esperto, nessuno ha fatto degli studi di fattibilità o grandi progetti. È stata una condizione molto spontanea in cui la comunità locale, forse legata a una antica mission dell’accoglienza – noi siamo la terra della Magna Grecia. Non c’è voluto davvero niente di speciale e oggi la comunità è globale, ci sono persone dalla Palestina, dal Kurdistan e dell’Africa subsahariana. È tutto normale, anche i bambini che vanno a scuola: abbiamo due o tre bambini riacesi e il resto sono tutti bambini figli di rifugiati.

Cosa succede da due anni?

Da due anni, quando non c’era ancora questo governo, sono cominciati i problemi. Da quando lo scorso anno Riace è diventata una realtà da cinema per chi voleva raccontare questa storia in una fiction che tutta Italia avrebbe visto e anche da quando ha iniziato a diventare molto nota a livello mondiale. È stato come se qualcuno avesse voluto mettere un freno, come se il messaggio politico che questa storia porta con sé – c’è un riscatto connesso alla categoria degli ultimi in un territorio limite come la Locride – doveva essere offuscato, perchè attorno al teorema dell’immigrazione devono esserci come risultato problemi di ordine pubblico, di malattie, di scontri tra religioni. Ieri è successo che un gruppo di persone dalla Francia è venuto a Riace per cercare di capire come camminare con le nostre gambe, riuscire ad essere indipendenti dai fondi del Ministero dell’Interno. Sarebbe un miracolo, è una strada molto difficile da percorrere, ma non ci rimane altro: i rifugiati sono felici di stare a Riace, noi dobbiamo fare quest’ultimo sforzo.

Ringraziamo Domenico Lucano, sindaco di Riace, e rilanciamo l’appello della rete dei comuni solidali di essere appunto solidali, presenti e anche solidali in soldi con una raccolta fonda lanciata dalla rete e che potete trovare sul sito comune-info.net oppure sul sito comunisolidali.org.

Comune di Riace
Foto dalla pagina FB di Riace In Festival https://www.facebook.com/Riace-In-Festival-843053969108143/

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    Le nostre mani ci permettono di entrare in contatto con il mondo e con la realtà che ci circonda, creando relazioni di vicinanza e intimità. Tuttavia, il nostro tocco è sempre più influenzato e mediato dalla tecnologia, che cambia il modo in cui viviamo e ci relazioniamo con gli altri. Nella performance partecipativa "Hands Made" le mani diventano protagoniste: gli spettatori sono invitati, nell’oscurità, a osservare la propria mano e quelle dei vicini, isolate dal corpo. L’artista turca Begüm Erciyas indaga così le trasformazioni del nostro rapporto con il tocco nel corso della storia per ripensare e riscoprire il senso del tatto e del contatto. Oggi a Cult da Ira Rubini ospite proprio l'artista turca per parlare del suo "Hands Made", alla Triennale Milano il 15 e 16 marzo.

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