La procura di Genova indaga sul crollo del ponte dell’autostrada di Genova che ha fatto decine di morti. Al centro delle accuse – almeno a livello politico – c’è la società Autostrade per l’Italia, che sostiene di aver fatto la manutenzione in modo corretto.
Il governo, però, ha già annunciato di voler revocare la concessione all’azienda. Ne abbiamo parlato con Marco Crispino, che insegna Costruzioni di strade, ferrovie e aeroporti al Politecnico di Milano.
Se c’è stato un collasso strutturale il problema non è subito della manutenzione, quanto della conoscenza dello stato di salute della struttura. È un po’ come per il corpo umano, devo conoscerlo benissimo e fare tutte le analisi e le indagini e solo dopo programmo la cura. La manutenzione è la cura, posto che per fare una buona cura hai bisogno di fare un’ottima diagnosi. Il tema centrale è la diagnosi. In che condizioni si trovava la struttura? Quali e dove erano le eventuali criticità? Se la diagnosi è completa, corretta e approfondita, allora si devono progettare gli interventi di manutenzione, dai più leggeri ai più pesanti e profondi. C’è stato un collasso strutturale molto rapido, qual è la causa di quel collasso? Bisogna prima di tutto andare a capire se le attività di sorveglianza e di ispezioni visive e strumentali sono state eseguite in modo da poter fare emergere tutte le potenziali criticità della struttura. Se questa attività non è stata fatta in modo completo e corretto, ne è conseguita un’attività manutentiva ovviamente non corretta. Magari era necessario fare degli interventi e invece non sono stati fatti o ne sono stati fatti altri. Se Autostrade dimostra che nei limiti delle conoscenze umane disponibili al 2018 le attività di diagnosi, sorveglianza e ispezione sono state eseguite come da procedure e come da conoscenza tecnica e scientifica che l’uomo ha ad oggi, non potrà essere accusata di non avere correttamente svolto il suo ruolo di gestore.
A quel punto di chi sarebbe la responsabilità?
La responsabilità non sarebbe di nessuno. Se si dovesse dimostrare che ciò che è accaduto va oltre le conoscenze che la tecnica su questa Terra oggi ha, non si configura una responsabilità. Questo è un tema ben noto quando si è parlato di amianto e altre questioni. Era possibile prevedere quello che è successo? È come incolpare qualcuno per un edificio crollato per un terremoto anche se quell’edificio era antisismico, perché può arrivare anche una scossa molto violenta. Se era possibile prevedere quel crollo ci sono delle responsabilità, ma se non era possibile prevedere o analizzare o evincere una criticità ovviamente le responsabilità si attenuato sensibilmente.
In questo caso non è prematuro decidere di revocare la concessione prima dell’inchiesta della Magistratura?
Mi verrebbe da rispondere di sì, ma anche la Procura nelle dichiarazioni che ha rilasciato esclude la fatalità e parla di errore umano. Certo, quello che è successo fa propendere per l’ipotesi che ci sia stato un errore nella diagnosi o nella cura, però visto che una revoca è un atto molto impattante per tanti aspetti, attendere un po’ di rilievi tecnici sarebbe più prudente.
Se la società si era accorta di problemi strutturali, di chi era la responsabilità di chiudere quel tratto?
Del gestore. Il gestore ha l’assoluta e totale responsabilità dell’infrastruttura che gestisce. Il gestore è libero di effettuare interventi dai più lievi ai più drastici, anche la chiusura di un’infrastruttura qualora ritenga che non sia più sicura. Poi c’è una Direzione Vigilanza del Ministero, una direzione vigilanza sulle concessioni autostradali, ma è solo un ente di controllo. La responsabilità prevista della legge circa la gestione dell’infrastruttura ricade al 100% sul gestore, in questo caso sulla società Autostrade Per l’Italia.
RIASCOLTA L’INTERVISTA