Andrea Roventini, economista della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, era il ministro dell’Economia “designato” dal Movimento 5 Stelle in campagna elettorale, prima che Luigi Di Maio stringesse un accordo con la Lega e firmasse il contratto di governo.
Roventini fu sacrificato sull’altare della flat tax, a cui è fortemente contrario. Lo abbiamo intervistato e ci siamo fatti spiegare cosa è accaduto e perchè è contrario alla flat tax voluta dalla Lega di Matteo Salvini.
Roventini era proprio il candidato del Movimento 5 Stelle all’Economia. Come era andata la sua “investitura”? Era stato contattato direttamente da Luigi Di Maio?
Io mi trovavo in Brasile ad insegnare. Ho ricevuto una telefonata e ho incontrato l’onorevole Di Maio e ci siamo confrontati, non essendo io un membro dei 5Stelle, ma un tecnico. Dato che c’era una convergenza di vedute tra quello che scrivo e quello che penso in termini di politica economica e quello che volevano fare i 5Stelle, io ho accettato.
È stata avviata anche una fase di lavoro. Poi è successo qualcosa, immaginiamo perchè il socio di Di Maio volesse fare altre scelte.
Qui non si tratta di fare gossip e ricostruzioni del dietro le quinte di governo. Il punto è molto semplice: io dal primo giorno, se leggete il mio discorso o le interviste che ho rilasciato, ho scritto contro la flat tax, che è una bestialità economica. Le cose sono andate da sé.
Stavo leggendo proprio una delle interviste che lei ha rilasciato in quei giorni e il tema era proprio quello della riduzione del debito. Partiamo da qui: proprio ieri il ministro dell’Economia Tria ha detto che si può tranquillamente investire in deficit, il debito rimane sostenibile. Le preoccupazione, invece, del debito, faceva parte della sua idea da portare al Ministero dell’Economia.
Il tema ovviamente è molto complesso, provo a ridurlo in poche battute. Uno può fare infrastrutture in deficit per ridurre il debito, c’è sottostante un’idea che i cosiddetti moltiplicatori fiscali sono maggiori di uno e molto maggiori di uno: cioè se io investo un euro in infrastrutture, ottengono di crescita 1,20 di euro e questo, stimolando l’economia, potrebbe ridurre il rapporto debito/Pil agendo sulla crescita. Detto questo, non va fatto in maniera semplicista, ci sono dei vincoli europei che bisogna cercare di rispettare o comunque di negoziare coi partner a Bruxelles, quindi non possono essere fatte politiche completamente unilaterali.
Vista l’impostazione dell’attuale governo, ritiene di aver scansato il proiettile o di aver perso un’occasione di non essere tra i ministri?
È una domanda difficile. Io so quello che avrei fatto io, ovviamente nell’incoscienza del caso. Un conto è fare l’accademico in ufficio a Sant’Anna e un conto è andare a un Ecofin. Io come ministro avrei portato avanti una determinata agenda per cercare di migliorare la posizione dell’Italia anche in Europa con i vari partner, in particolare con Francia e Germania, basandomi sul dialogo e su delle controproposte effettive, perchè uno dei problemi che osservo da spettatore è che l’Italia spesso va in Europa come se andasse a fare la turista e subisce passivamente quello che viene deciso in Europa, per poi tornare a casa a lamentarsi e urlare. Secondo me c’era la possibilità di avere un approccio costruttivo, anche perchè il presidente francese Macron sta cercando di riformare l’Europa.
Nei suoi incontri con Di Maio e i vertici del Movimento 5 Stelle, che tipo di valutazione arrivava da M5S rispetto alla flat tax o all’uscita dall’euro?
Partiamo dall’uscita dall’euro. Io ho parlato più volte con l’onorevole Di Maio, c’era totale sintonia sul fatto che non si sarebbe mai proceduti con l’uscita dall’euro né col referendum perchè queste erano, almeno dal mio punto di vista, follie. Se questo c’era totale sintonia e inizialmente c’era totale sintonia anche sulla flat tax, però poi entrano in gioco diverse valutazioni politiche. Se avessero detto “vuoi essere ministro di un governo che vuole fare la flat tax e vuole uscire dall’euro, avrei detto immediatamente di no, non sono mica matto.
Lei prima l’ha definita “una bestialità”. Ci spiega perché?
Pensi solo come è stata generata questa idea di flat tax: da un’economista che disegna su un fazzoletto di carta a Ronald Reagan una curva in base alla quale se si riducono le tasse è una specie di Nirvana perchè la gente è contenta, ci sono meno tasse, la gente evade di meno, l’economia cresce di più e si riesce a fare questa riforma senza creare deficit. Peccato perchè che tutta l’evidenza empirica economica dimostra che se ci riducono le tasse si crea dell’extra deficit. Poi la flat tax va a beneficiare in primis persone della distribuzione del reddito che sono più ricche – anche io guadagnerei di più da questa flat tax. Queste persone risparmieranno di più e quindi questo non stimolerà la domanda, ma stimolerà sempre i consumi. Di fatto è un regalo netto e molto costoso ai ricchi, pagato dalla collettività.
La politica così impostata da questo governo è una politica di continuità con gli ultimi esecutivi?
Per adesso non abbiamo elementi per giudicare quale sarà l’impatto della politica di questo governo sulla disuguaglianza, semplicemente perchè al di là di discorsi non abbiamo visto nessun atto concreto. Quello che posso dirle è che uno può anche citare il fondo monetario internazionale che dice che la disuguaglianza è un problema e che può rendere la crescita fragile e pericolosa ed è necessario aumentare la progressività fiscale. Lo stesso fondo monetario internazionale consiglia di aumentare la spesa in istruzione e consiglia anche di valutare se introdurre un reddito universale. C’è un consenso anche trasversale che la disuguaglianza è un problema e va affrontata con strumenti fiscali che sono all’opposto della flat tax.
Il governo ha in programma il reddito di cittadinanza. Ieri Conte alla Camera ha messo alcuni paletti su questo aspetto, togliendogli quello di sostengo universale al reddito, definendola una politica di accompagnamento al lavoro. È uno snaturamento del concetto di reddito di cittadinanza?
No. Il reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle è di fatto un reddito minino condizionato. Rispetto al REI che è già in esame, è condizionato nel senso che le persone devono seguire delle formazioni presso ad esempio dei centri per l’impiego e allo stesso tempo devono cercare attivamente un lavoro. In cambio si riceve che rispetto al REI, il contributo è più generoso. Tenga presente che il reddito di cittadinanza universale era anche una proposta di Milton Friedman. Tra pagare tutti per non lavorare e creare strumenti a sostegno della lotta alla povertà o al reinserimento delle persone nel mercato del lavoro, bisogna guardarci bene e creare una proposta completa.
Avevate parlato anche della leva delle privatizzazioni per ridurre il debito?
Anche sulla privatizzazioni secondo me c’è una sorta di sintonia. Le privatizzazioni non vanno utilizzate per ridurre il debito, fondamentalmente non si devono vendere i gioielli di famiglia per un piatto di lenticchie, come già successo in Italia. Abbiamo bisogno di una politica industriale seria, che è stata abbandonata negli ultimi decenni. Questo però comporta anche che non ci siano privatizzazioni.
Al di là degli slogan, bisogna vedere concretamente quali saranno le scelte programmatiche sull’Economia. L’Italia, da quello che si può capire, corre dei rischi, anche perchè si spalanca l’orizzonte della riduzione progressiva del quantitative easing
Sì, diciamo che una riduzione progressiva del quantitative easing creerà sicuramente tensione sui mercati finanziari. L’Italia, già sorvegliato speciale, sarà un sorvegliato speciale in una situazione sempre più complicata. Bisognerà stare molto attenti alle prossime mosse di governo e le prossime scelte di politica economica.
Se fosse andato in porto l’accordo tra 5Stelle e Partito Democratico, sarebbe stato un ministro dell’Economia più compatibile o si sentiva parecchio distante anche dall’impostazione di quell’altro alleato dei 5Stelle?
Secondo me c’erano moltissimi punti di congiunzione sul programma economico tra i 5Stelle e il PD, molti di più che tra i 5Stelle e la Lega. Le faccio un esempio. C’è un REI che può essere potenziato e ci sono molti punti in contatto tra il REI e il reddito di cittadinanza proposto dai 5Stelle. Secondo me sarebbe stata un’alleanza che avrebbe potuto funzionare meglio per il nostro Paese in termini di politica economica.
Vi sentite ancora con Di Maio? Le chiede consiglio rispetto alla partita che si dovrà giocare sulle scelte in campo economico?
Ho un attimo rapporto con Di Maio, lui sa che se ha bisogno di un consiglio può sempre chiamarmi e io risponderò senza problemi.