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Un programma autoritario e razzista

Si impone una visione ideologica e culturale di destra radicale, parte di origine Lega e fatta propria dal Movimento 5 Stelle -pensiamo all’immigrazione- e parte patrimonio comune, in relazione ad esempio alla concezione delle Istituzioni.

Della politica fiscale si è detto molto. Salvini ottiene l’introduzione della cosiddetta ‘flat tax’ ossia una riduzione delle aliquote fiscali a due, la prima al 15 per cento per i redditi più bassi, la seconda al 20 per cento. E’ una misura iniqua, che favorisce i ricchi che pagheranno molte meno tasse di oggi, e penalizza i poveri, che avranno vantaggi marginali e rischiano di vedersi smantellati i servizi che con quelle tasse sono finanziati. I ricchi vincono, i poveri perdono.

Altri capitoli del programma delineano una impostazione autoritaria e razzista.

Gli immigrati sono discriminati rispetto agli italiani. Non avranno diritto alle misure di sostegno al reddito. Il cosiddetto ‘reddito di cittadinanza’ e che in realtà è un sussidio di disoccupazione è riservato agli italiani. Lo stesso vale per le integrazioni alle pensioni più basse. E gli asili nido gratuiti? Solo per le famiglie italiane. Sottolineato italiane, sottolineato famiglie.

Passa il ‘prima gli italiani’ di Salvini e il Movimento 5 Stelle lo accetta.

E per la prima volta un programma elettorale mette nero su bianco il numero di immigrati da espellere: 500mila. Per le persone da cacciare, Lega e 5 Stelle pensano di istituire dei centri di detenzione, uno in ogni regione italiana.

Le norme per la richiesta dell’asilo vengono rese molto più dure, di fatto impossibili se si pensa all’idea di costringere il richiedente asilo a fare domanda nel proprio Paese. Tu scappi da un regime autoritario e ti devi rivolgere a quel regime per chiedere di ottenere asilo in Italia.

E ancora, procedure di espulsione rapide e un trattamento giuridico speciale. “Occorre poi prevedere specifiche fattispecie di reato che comportino, qualora commessi da richiedenti asilo, il loro immediato allontanamento dal territorio nazionale” è scritto.

La concezione della politica, dello Stato, della democrazia. Il semplice fatto che Lega e Movimento 5 Stelle abbiano scritto non un programma ma un ‘contratto’, che dovrà essere firmato dai leader dei due partiti davanti a un pubblico ufficiale che autenticherà le firme -così è previsto- denota una concezione privatistica della politica.

Ma questa forse potrebbe ancora essere considerata questione astratta. Molto più concreta, drammaticamente concreta, la prospettiva della riforma della Costituzione per introdurre il vincolo di mandato dei Parlamentari. La Costituzione figlia della Resistenza al fascismo fa della libertà del Parlamentare da qualsiasi vincolo di mandato uno dei suoi capisaldi per garantire libertà e democrazia. La ragione dovrebbe essere intuibile. Un deputato il cui destino fosse legato alla fedeltà al partito con cui è stato eletto, si ridurrebbe a essere un mero esecutore delle scelte di chi quel partito comanda.

Del resto, quali libertà di azione avrebbe un Parlamentare a cui venisse imposto, se volesse presentare un disegno di legge, di ottenere il consenso congiunto dei capigruppo dei due partiti? Fantasie? No, lo prevede il ‘contratto’.

Del ‘comitato di conciliazione’ nella bozza definitiva si dice poco. Il ‘contratto’ prevede, dopo le polemiche dei giorni scorsi, non un passo indietro ma un semplice rinvio a successivi accordi per la definizione della sua composizione. Rimane inalterato il principio: sui temi di interesse principale e ogni volta che ci saranno contrasti, sarebbero i partiti a decidere. Il Governo e il Parlamento sarebbero svuotati delle loro prerogative, ridotti a esecutori di volontà altrui.

 

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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