Ieri, il Primo Maggio 2018, la città di Bologna ha ospitato l’evento May Day Parade – Riders Pride, un corteo organizzato dalla Riders Union Bologna per chiedere gli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori per le centinaia di rider – le persone che consegnano cibo e altri prodotti per conto di grandi aziende come Deliveroo e JustEat – che vengono ancora considerati al pari del liberi professionisti.
Le richieste erano chiarissime: “quello dei riders non è uno sport, né un hobby ma un lavoro. Che sia fatto per un mese o tutta la vita, per qualche ora o per tutta la settimana, va riconosciuto come tale e quindi rispettato, tutelato e pagato adeguatamente“.
Oggi al Demone Del Tardi abbiamo intervistato Riccardo di Riders Union Bologna e ci siamo fatti raccontare non soltanto cosa è accaduto ieri a Bologna, ma anche cos’è Riders Union Bologna e quali traguardi sono già riusciti a raggiungere:
Riders Union Bologna è assolutamente un’associazione sindacale che parte però dal basso, fuori dalle sigle sindacali che conosciamo. Ieri, come Riders Union, abbiamo messo in campo il tema di questo associazionismo dal basso: noi ci siamo riuniti, abbiamo creato delle forme di mutualismo contro queste logiche di sfruttamento dell’economia 8.0 e ieri è stato un successo. Nonostante il ricatto delle piattaforme digitali che ci spingevano a lavorare con delle forme di incentivi ad hoc create apposta per il Primo Maggio e non utilizzate per le altre festività come il 25 Aprile, Pasqua etc. Noi abbiamo risposto con questo grande corteo, sfilando con l’ITR, un gruppo di pazzi ragazzi dell’Internazionale Trash Ribelle di Biella, abbiamo creato questo corteo molto partecipato sia dai rider sia da persone solidali alla nostra causa.
Un corteo in bici?
Molti erano in bici in prima fila, ma molti erano a piedi. È stato allestito un camion con dei cartelli e degli slogan, è stato anche montano un manichino vestito, è stato tutto molto riuscito. A turno abbiamo fatto gli interventi, spiegando quali sono le nostre rivendicazioni: salario minimo garantito, un monte ore, l’assicurazione totale, le ferie e tutti quei diritti che negli scorsi decenni sono stati conquistati dai lavoratori e che oggi ci vengono tolti da queste piattaforme che rappresentano questa nuova forma di sfruttamento dei lavoratori. È stato un modo per riappropriarci del significato vero del Primo Maggio.
La vostra è una piattaforma di rivendicazione che non si rivolge però soltanto ai riders, ma in generale a tutti i lavori dell’economia digitale.
Sì, noi ci rendiamo conto del fatto che il lavoro sta andando verso questa direzione, non soltanto per quanto riguarda il campo del food delivery, si tratta anche di altre forme di lavoro. Se pensate ad Amazon è qualcosa di molto simile, perchè noi siamo geolocalizzati attraverso il telefonino e Google Maps, loro hanno il braccialetto. Ieri è stato comunque un modo per essere solidali nei confronti di tutti quei lavoratori che il Primo Maggio sono costretti a lavorare e che in generale sono sfruttati, ci siamo anche fermati davanti a un Carrefour a mostrare solidarietà nei confronti dei ragazzi e dei colleghi che lavorano all’interno del negozio.
La Carta di Bologna l’avete firmata insieme al Comune di Bologna. Come lavorano insieme una piattaforma rivendicativa come la vostra e un ente pubblico come il Comune?
Noi abbiamo iniziato a trattare col comune di Bologna nel momento in cui ci siamo resi protagonisti con le prime forme di sciopero spontaneo quando c’è stato il problema della neve. Da quando abbiamo acquistato visibilità mediatica il comune di è reso conto che, soprattutto il tema della sicurezza e del minimo salariale erano temi che andavano affrontati assolutamente. La sensibilità ha voluto anche che iniziassimo a trarre con il Comune e da lì siamo riusciti a creare un tavolo di trattative al quale erano presenti anche le sigle sindacali CGIL, CISL e UIL. Questo è stato possibile grazie alla nostra capacità di mettere sul piatto quelle che sono le nostre sacrosante rivendicazioni e questo ci è stato riconosciuto. Il Comune si sta rendendo disponibile alla firma della Carta dei Diritti, che non è una soluzione a tutti i problemi, ma uno strumento iniziale. Noi vogliamo andare oltre e conquistare tutte quelle rivendicazioni. Ad oggi la Carta De Diritti è stata firmata dal Comune e si spera che venga apposta la firma anche da una piattaforma, quella bolognese di Sgnam. Il Comune sta facendo pressing affinché si siedano a trattare anche le altre grandi multinazionali, Deliveroo, Foodora e JustEat, con le quali è più difficile trattare.