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Lo sciopero delle donne polacche

Il 24 settembre Krystyna Janda, nota attrice polacca, commentando su Facebook l’anniversario dello sciopero delle donne islandesi che nel 1974 ha bloccato il Paese per un giorno, ha dichiarato che le donne polacche non sarebbero mai state capaci di un’azione simile. Poche ore dopo due ragazze di Breslavia, trovandosi a parlare dell’argomento, hanno deciso di dimostrare il contrario. Da quel momento nel giro di dieci giorni sono stati organizzati, soprattutto grazie a Facebook, circa 150 eventi in 70 città per il 3 ottobre, giorno prescelto per lo sciopero nazionale delle donne polacche.

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Foto di Guna Belicka

Le manifestazioni hanno visto una partecipazione massiccia, sia in Polonia che all’estero: a Oslo, Berlino, Parigi, Madrid sono state organizzate manifestazioni di solidarietà verso la protesta. Secondo la polizia hanno manifestato 98mila persone in tutto il Paese. Gli organizzatori stanno ancora raccogliendo i dati, ma altre fonti non governative parlano di almeno 140mila persone.

La legge sull’aborto in discussione al parlamento rende ancora più restrittiva la normativa attuale, che prevede la possibilità di abortire legalmente in caso di malformazione grave del feto, stupro o incesto, pericolo per la salute o la vita della donna.

La proposta rende illegale l’aborto in caso di stupro o incesto ed elimina la possibilità di abortire in caso di malformazione grave o malattia incurabile del feto. In altre parole introduce l’obbligo a partorire anche neonati destinati a sopravvivere poche ore. Inoltre alcune manifestanti hanno sottolineato come in questo modo lo Stato trasformi una scelta individuale, ovvero il sentirsi o meno in grado di crescere un figlio disabile, in un obbligo.

La proposta di legge prevede la possibilità di abortire legalmente se è in pericolo la vita della gestante, ma solo se tale pericolo è “diretto e imminente”. In caso di complicazioni dunque il medico può intervenire – senza temere conseguenze legali – solo all’ultimo momento, con la forte possibilità che sia troppo tardi.

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Foto di Guna Belicka

La partecipazione alle manifestazioni è stata così forte proprio perché la legge ha risvolti anche e soprattutto sulla gravidanza delle donne che non hanno alcuna intenzione di abortire. Oltre al concreto rischio di vita in caso di complicazioni durante il parto, il testo di legge ha l’effetto di rendere illegale qualsiasi esame che potrebbe potenzialmente danneggiare il feto: un medico che compia diagnosi prenatale, biopsia o amniocentesi rischia fino a tre anni. Stesso rischio penale per gli interventi chirurgici di cui potrebbe aver bisogno il nascituro: poiché qualsiasi operazione chirurgica comporta una percentuale di rischio di complicanze e morte, il medico potrebbe astenersi dall’intervenire per non rischiare a sua volta una condanna a tre anni di reclusione.

Un altro effetto meno evidente del testo di legge riguarda l’aborto spontaneo. Ogni donna che non abbia portato a termine la gravidanza, essendo potenzialmente colpevole di un reato, può essere soggetta a un’investigazione penale. Tale indagine è volta a determinare se l’aborto sia stato effettivamente spontaneo o meno, e quindi se la donna sia perseguibile. Inutile dire che questo implica non solo un pesante danno alla privacy, ma anche gravi conseguenze psicologiche proprio in un momento estremamente critico per la salute psichica di una donna.

Foto di Guna Belicka
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  • Autore articolo
    Benedetta Leardini
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    Da tempo pensavo a un nuovo programma, senza rendermi conto che lo avevo già: un archivio dei miei incontri musicali degli ultimi 46 anni, salvati su supporti magnetici e hard disk. Un archivio parlato, "Ricordi d'archivio", da non confondere con quello cartaceo iniziato duecento anni fa dal mio antenato Giovanni. Ogni puntata presenta una conversazione musicale con figure come Canino, Abbado, Battiato e altri. Un archivio vivo che racconta il passato e si arricchisce nel presente. Buon ascolto. (Claudio Ricordi, settembre 2022).

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    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Secondo episodio: La guerra non è popolare. L’Europa si riarma con 800 miliardi. In questi anni aveva già raddoppiato la propria quota di spese militarti, soprattutto comprando dagli Stati Uniti. Lo faremo di più, visto che Trump disinvestirà dalla Nato e dall’Europa. E’ la “fine delle illusioni”, come dice Von der Leyen, di essere garantiti dalla pace, perché d’ora in poi bisognerà usare la forza. E intanto si educa la popolazione con manuali che dicono: “In caso di guerra…”. La propaganda è altissima perché non c’è nulla di più antipopolare e antidemocratico della guerra e la militarizzazione d’Europa è tutta sulle spalle dei suoi cittadini. Con Michele Paschetto di EMERGENCY vi racconteremo come in Afghanistan in più di venti anni di guerre le cure abbiamo svolto un ruolo straordinario di mediatore. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    Ho detto R1PUD1A di Claudio Jampaglia e Giuseppe Mazza per EMERGENCY “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Primo episodio: Le parole sono importanti. In questa prima puntata di “Ho detto R1PUD1A” Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia spiegano cosa significa la parola “ripudia” nella Costituzione italiana e perché è stata scelta per rappresentare il “mai più” alla guerra del popolo italiano dopo la Liberazione. Non siamo i soli ad avere fissato questo principio nelle nostre leggi. La guerra però sta tornando una prospettiva concreta, almeno secondo la maggior parte dei governi, che si riarmano, Italia compresa. Con Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY, vi racconteremo poi l’esempio del Sudan, il Paese dove la guerra ha già causato in questi due anni oltre tre milioni di profughi. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    La Pillola va giù di domenica 20/04/2025

    Una trasmissione settimanale  a cura di Anaïs Poirot-Gorse con in regia Nicola Mogno. Una trasmissione nata su Shareradio, webradio metropolitana milanese che cerca di ridare un spazio di parola a tutti i ragazzi dei centri di aggregazione giovanili di Milano con cui svolgiamo regolarmente laboratori radiofonici.

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    C'è Di Buono: Max Casacci racconta Eartphonia III: Through the grapevine

    Anche in questa puntata parliamo di qualcosa che ha a che fare con la cultura enogastronomica, ma anche, molto, con la musica. Per la prima volta il caro Max Casacci (già colonna dei Subsonica) è stato ospite di un nostro programma non prettamente musicale, per raccontare il terzo episodio del suo progetto "Eartphonia", che lo ha portato in Franciacorta per "Through the grapevine", realizzato con i suoni del vino; suoni e rumori catturati nelle cantine dell'azienda vitivinicola Bersi Serlini Franciacorta. A cura di Niccolò Vecchia

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