Il ministero della Salute, guidato da Beatrice Lorenzin, ha presentato un ” “Piano Nazionale per la Fertilità”. Si legge nell’introduzione:
“Per favorire la natalità, se da un lato è imprescindibile lo sviluppo di politiche intersettoriali e interistituzionali a sostegno della Genitorialità, dall’altro sono indispensabili politiche sanitarie ed educative per la tutela della fertilità che siano in grado di migliorare le conoscenze dei cittadini al fine di promuoverne la consapevolezza e favorire il cambiamento. Lo scopo del presente Piano è collocare la Fertilità al centro delle politiche sanitarie ed educative del nostro Paese”.
Elaborare un piano per finanziare la genitorialità sarebbe stato più costoso. Guardare al Nord Europa, dove il welfare è molto generoso verso chi decida di avere figli, sarebbe stato logico e razionale ma avrebbe comportato un impegno concreto da parte dello Stato nei confronti dei cittadini.
Un manifesto ideologico costa poco, mette a posto la coscienza e fa parlare di sé.
Se poi assomiglia più all’iniziativa di uno Stato etico invece che alla politica di uno Stato laico, non importa.
Il piano è portatore di una visione unica: chi fa figli è superiore. Ma la cosa peggiore è l’utilizzo della colpa come argomento. Il documento del ministero della Salute colpevolizza le donne che non fanno figli: giudica chi scelga di non diventare madre e relega a una condizione di inferiorità chi non riesca, per qualunque ragione, ad averne. Mette pressione alle donne, esortate non solo a fare figli ma a farli presto.
La ministra Beatrice Lorenzin vorrebbe spiegarci che la strada per avere culle piene passi attraverso la presa di coscienza del “Prestigio della Maternità” – punto 5 del “Piano Nazionale per la Fertilità”, maiuscole comprese – e istituisce per questo un “Fertility Day”. Di fatto, assume gli argomenti dei movimenti politici che si sono coagulati in passato attorno al “Family Day” e ne fa dottrina dello Stato.
Il documento firmato dal ministero della Salute va oltre, se possibile. Si legga il punto 4: “Operare un capovolgimento della mentalità corrente volto a rileggere la Fertilità come bisogno essenziale non solo della coppia ma dell’intera società, promuovendo un rinnovamento culturale in tema di procreazione”. I figli, suggerisce di fatto il documento, non sono solo di chi li fa. Sono della società. Chi non lo capisce è un egoista. Chi non si adegua è colpevole. Se poi i social si scatenano e spernacchiano l’iniziativa a colpi di “figli alla Patria”, pazienza, avranno pensato al ministero.