Approfondimenti

Il genocidio armeno e la Memoria

In seguito allo scontro diplomatico tra Turchia e Germania sul riconoscimento del genocidio armeno, vi riproponiamo la puntata speciale di “Tempi supplementari” dedicata al centenario del genocidio del popolo armeno, andata in onda nell’aprile del 2015.

Lo sterminio partì con rastrellamenti e operazioni di pulizia etnica a Costantinopoli, la capitale dell’Impero Ottomano, la notte del 24 aprile 1915.

Ormai restano in vita pochissimi testimoni diretti, oggi ultracentenari. Il ricordo, come vedremo, viene tramandato da figli, nipoti e bisnipoti delle vittime e dei superstiti. Abbiamo raccolto alcune di queste storie familiari, insieme alla ricostruzione di ciò che è stato ed è passato sotto silenzio per molti anni.

E allora cominciamo questo viaggio nella Memoria, con un servizio realizzato qualche anno fa da Chiara Battaglia per Radio Popolare…

chiara battaglia reportage

La persecuzione, come abbiamo sentito, partì dall’antica Istanbul, con l’annientamento della mente pensante della popolazione, ma i fatti più gravi avvennero nella parte centro-orientale dell’Anatolia. Tra le vittime anche molti antenati di Baykar Sivazliyan , presidente dell’Unione armeni in Italia. Chawki Senouci lo ha intervistato…

sivazlian 01 la sua famiglia

L’Impero ottomano era al collasso. I nazionalisti, soprattutto ufficiali dell’esercito, decisero di salvare la popolazione turca, che era dislocata in zone separate tra loro: in mezzo, le aree abitate dalle minoranze: curdi, greci e armeni, questi ultimi, la minoranza più numerosa.

Dal 1915, per tre anni, i Giovani turchi usarono i curdi, di fede islamica, per massacrare le altre due minoranze cristiane. Curdi, che poi vennero sterminati a loro volta dopo il 1918. Ma il genocidio del popolo armeno non fu una questione religiosa. Fu perpetrato in nome di un preciso disegno nazionalistico, il panturchismo.

Come è stato possibile che i giovani turchi, un movimento nato per promuovere la democrazia, si siano macchiati di una colpa così grave, la stessa dei nazisti venticinque/trent’anni più tardi? Sentiamo ancora Baykar Sivazliyan …

sivazlian 02 i turchi come i nazisti ok

In questa prima parte dell’intervista a Baykar Sivazlian, avete sentito citare Morgenthau, un nome che tornerà anche più avanti. Henry Morgenthau è stato ambasciatore americano a Costantinopoli negli anni del genocidio, dal 1913 al ’16. Morgenthau era un avvocato ebreo, nato in Germania. Dal suo punto di osservazione all’ambasciata statunitense, aveva capito che cosa stava succedendo, aveva avuto accesso a prove schiaccianti. Morgenthau teneva un diario, le sue memorie, nelle quali si definì: “un inorridito testimone del più orribile episodio nella storia del genere umano, l’assasinio di una nazione”.

L’ambasciatore denunciava ma nessuno ascoltava. Prevalsero le alleanze internazionali e le convenienze nazionali, gli interessi geopolitici. Le grandi potenze che si sarebbero scontrate nei tre anni successivi, nella Grande guerra, si erano posizionate: la Germania con la Turchia, mentre gli armeni venivano accusati di essere la quinta colonna della russia zarista…

sivazlian 03 geopolitica + silenzio internazionale

Mentre ancora la Turchia di oggi, i vertici istituzionali, negano il genocidio, si rifiutano di dare quel nome a quei fatti storici, i discendenti del popolo armeno si fanno carico della Memoria. E’ questo l’ultimo aspetto toccato da Chawki Senouci e Baykar Sivazliyan nella loro conversazione…

sivazlian 04 memoria

La riconciliazione, la memoria, passano anche attraverso la ricerca dei Giusti, il riconoscimento e il senso di gratitudine nei confronti di chi, anche tra i turchi della generazione del genocidio, ha fatto del bene. Il Console onorario della Repubblica d’Armenia in Italia, Pietro Kuciukian, anche lui figlio di un sopravvissuto allo sterminio, ha dedicato gran parte della sua vita alla ricerca dei giusti…

pietro kuciukian ricerca dei giusti

 

Ascolta qui la versione integrale dello speciale dedicato al centenario del genocidio armeno

speciale GENOCIDIO ARMENO

  • Autore articolo
    Valentina Redaelli
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    Il populismo d’Argentina. E’ quello che ha caratterizzato Jorge Maria Bergoglio durante i suoi dodici anni di pontificato. Scrive oggi sul quotidiano Domani, Nadia Urbinati, teorica della politica alla Columbia University di New York. «Figlio d’Argentina, culla del populismo, la retorica che taglia in due fatti e concetti, che arriva diritta alle emozioni, che non fa sconti perché il giusto e lo sbagliato devono stare o di qua o di là. Il populismo argentino fu social-nazionale in politica e conservatore nei valori. Così papa Francesco, che non ha avuto difficoltà a essere populista progressista nelle questioni sociali e conservatore in quelle morali, del resto coerenti ai principi della Chiesa di Roma». Bergoglio ha saputo tenere insieme lingue diverse. E non è detto che sia stata sempre una virtù. Papa Francesco ha tenuto insieme la lingua della Laudato Si’, che denuncia le ingiustizie contro l’ambiente, gli umani, che tiene insieme la crisi sociale e ambientale. Bergoglio ha tenuto insieme questa lingua con una lingua violentemente anti-abortista. Diceva nel settembre 2024: «un aborto è un omicidio, si uccide un essere umano», e «i medici che si prestano a questo sono, permettetemi la parola, sicari». Pubblica ha ospitato Rosa Fioravante, ricercatrice e docente di etica aziendale e delle organizzazioni; e Enrica Morlicchio, sociologa del lavoro, docente all’università Federico II di Napoli.

    Pubblica - 22-04-2025

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    Nella puntata di A come Aprile del 22 aprile, a cura di Alessandro Braga, abbiamo ospitato Lorenza Ghidini, che ci ha parlato delle iniziative di Radio Popolare in vista dell’80esimo anniversario della Liberazione. Abbiamo proposto l’intervista a Giorgio Ferrari Bravo, che aveva dieci anni nel 1945 ed era a Milano il giorno della Liberazione. Infine Marcello Lorrai ci ha raccontato la storia del musicista Alberto Rabagliati.

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