Una lista di proscrizione. Trentasei nomi di giornalisti, scrittori, scultori, architetti, attori, musicisti che figurano dal 4 dicembre 2015 nella lista delle “persone non gradite” in Azerbaijan. È stata pubblicata dall’ambasciata azera a Roma, sotto il titolo “Elenco dei cittadini italiani a cui è vietato l’ingresso nel territorio della Repubblica dell’Azerbaijan”.
Tra loro c’è Simone Zoppellaro, corrispondente da Yerevan per Osservatorio Balcani e Caucaso. “Una scoperta casuale”, racconta il collega ai microfoni di Radio Popolare. È stato un amico ad accorgersi per primo della pubblicazione dell’ambasciata. “Avevo prima ricevuto un paio di mail in cui si lamentavano che mi fossi recato in Nagorno Karabakh”. Si tratta di una regione nel Caucaso meridionale, ufficialmente sotto la giurisdizione dell’Azerbaijan ma che dal 1994, a seguito di una guerra, è stata trasformata in uno Stato autonomo dall’Armenia.
È chiaro, però, che la visita è al Nangorno Karbakh è solo una scusa: i viaggiatori che attraversano quei territori sono centinaia ogni anno. Nella lista nera dell’ambasciata azera sono finiti solo giornalisti e uomini di cultura che si sono spesi per ricordare il genocidio degli armeni e per sollevare la questione dei diritti civili in Azerbaijan. È questo il filo rosso che tiene unite le biografie di chi fa parte dell’elenco.
A Baku, capitale azera, è anche in corso una campagna mediatica per screditare alcuni dei giornalisti che si sono occupati dell’Azerbaijan. Di nuovo, Zoppellaro è tra questi. Da dicembre a gennaio sono tre gli articoli già usciti per attaccarlo direttamente o per colpire colleghi che hanno lavorato con lui.
Nessuna reazione a tutela di intellettuali e giornalisti da parte del governo italiano. Dallo scorso anno le relazioni tra Baku e Roma si sono ulteriormente rafforzate, in particolare con la visita all’Expo di Milan e a Roma del presidente Ilham Aliyev. Ci sono poi le relazioni economiche. A Milano, il fondo statale Sofaz (State Oil Fund Azerbaijan) ha acquistato Palazzo Turati, la storica sede della Camera di Commercio, in via Meravigli, per 97 milioni di euro. L’immobile è stato ceduto attraverso la società Technoholding, dell’immobiliarista Manfredi Catella.
Sofaz, in maggio, ha anche annunciato di aver chiuso il Memorandum di accordo con Fondo strategico italiano, la holding che controlla il Gruppo Cassa depositi e prestiti (al 77 per cento) e Banca d’Italia (al 20 per cento circa). Sofaz, nata nel 1999, ha asset dal valore di 271 milioni di dollari.
Dal 2008 l’Italia è il principale cliente dell’Azerbaijan quando si tratta di petrolio. Un trend accelerato con i guai della Russia post conflitto in Ucraina. Anche i giganti di Stato come Finmeccanica ed Eni hanno contatti con Baku da tempo.
Finmeccanica nel 2012 ha sottoscritto “un contratto con Azerbaijan Airlines del valore di circa 115 milioni di euro per la fornitura di dieci elicotteri (otto AW139 e due AW189)”, scrive l’azienda sul suo sito. “Gli elicotteri – prosegue il comunicato aziendale – saranno impiegati nello svolgimento di missioni di vario genere tra cui il trasporto offshore, l’elisoccorso, la ricerca e il soccorso, il trasporto vip”. Finmeccanica nel 2013 ha venduto armamenti per 2,6 milioni di euro nel 2013, mentre il Senato italiano – ricorda Stefano Vergine su L’Espresso – ha iniziato a esaminare l’accordo tra Roma e Baku sulla “cooperazione nel settore della difesa”.
Eni è presente attraverso la controllata Saipem, che nel 2014 si è aggiudicata un contratto offshore in Azerbaijan per il giacimento Shah Deniz, da cui partiranno i metanodotti diretti all’Europa. Valore: 1,8 miliardi di dollari.
Nel dicembre 2015 la società di distribuzione del gas Snam è entrata nella società Transadriatic Pipeline (Tap), che parte dall’Azerbaijan per finire in Puglia, rilevando il 20 per cento delle quote azionarie.
Ascolta Simone Zoppellaro, intervistato da Dario Falcini