L’anno del crollo del Muro di Berlino segna una svolta anche per i lavoratori portuali in tutta Italia. Genova, in particolare, diventa il centro di una mobilitazione nazionale che durerà alcuni mesi.
Il governo di Ciriaco De Mita, il leader della Dc di allora, vuole di fatto privatizzare un lavoro che da decenni sta sotto le insegne del “servizio pubblico”. Sarà una protesta lunga, con il porto sotto la Lanterna bloccato per mesi. In questa storia ci sono tutti gli ingredienti delle grandi trasformazioni del lavoro di quell’epoca: la globalizzazione dei traffici, i cambiamenti tecnologici, la pressione degli interessi delle grandi compagnie private di navigazione.
Antonio Benvenuti, ospite oggi a Memos, è il console dei camalli del porto di Genova ed è un protagonista di quella protesta del 1989. Benvenuti è diventato socio della Compagnia dei lavoratori del porto nel 1974. «Allora – racconta il console dei camalli – diventare socio della Compagnia era un ruolo ambito. Si faticava molto, ma si guadagnava bene, più di un operaio dell’Ansaldo. La legge italiana, il codice della navigazione, garantiva l’esclusiva del lavoro portuale nelle mani delle Compagnie di lavoratori».
E’ sarà proprio quell’esclusiva a finire nel mirino di un decreto del gennaio dell’89 firmato dall’allora ministro della Marina mercantile Giovanni Prandini: «il governo provò a minare il punto economico dell’esclusiva – dice Benvenuti – togliendo una quota di lavoro che nel frattempo si era espansa, come il lavoro sui piazzali e sui magazzini. Ciò significava spaccare l’organizzazione del lavoro, metterla in discussione».
Nella puntata di oggi di Memos Benvenuti racconta la protesta, le fratture con i sindacati confederali e poi, a partire da giugno dell’89, gli accordi con le compagnie di navigazione che porteranno alla conclusione dello sciopero.
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