Ad aprire le danze delle indipendenze africane, è, già il primo gennaio, il Camerun; il 4 aprile entra in pista il Senegal: alla fine del 1960 sono ben diciassette i Paesi africani che si sono aggiunti al ballo degli Stati indipendenti. Un’ondata di nuovi Stati, un’ondata di nuovi inni nazionali. Ma oltre agli inni dei singoli Stati c’è un altro inno: non ufficiale, sbarazzino, panafricano, addirittura ballabile. Già: indépendance in francese non rima forse con danse? E gran parte dell’Africa nera ballerà forsennatamente l’Indépendance Cha Cha.
Al principio del ’60 la definizione dei tempi dell’indipendenza del Congo Belga arriva alla stretta finale. Il 20 gennaio si apre a Bruxelles quella che passerà alla storia come “Table Ronde” belga-congolese, alla quale partecipano esponenti governativi e parlamentari belgi e rappresentanti delle forze politiche e capi tradizionali congolesi.
Il quartier generale dei congolesi è l’Hotel Le Plaza: ma qualcuno ha provveduto a non farli sentire troppo spaesati, e a portare un po’ di calore congolese nel freddo inverno di Bruxelles. A dar man forte ai delegati congolesi sbarca così a Bruxelles una formazione di eccellenza di quella musica moderna che a Leopoldville ha cominciato a muovere i primi passi, formazione guidata da Joseph Kabasele, noto soprattutto come Le Grand Kallé.
Manu Dibango, che dal Camerun che gli ha dato i natali è arrivato sedicenne a Marsiglia nel ’49, e che negli anni cinquanta si è appassionato al jazz di Louis Armstrong, Sidney Bechet, Duke Ellington, è proprio in quella occasione, in cui incontra Kabasele, che ha la rivelazione della musica africana moderna. Non solo: a Kabasele piace come Dibango suona il sax, lo ingaggia per il proprio gruppo, e lo porta con sé in quel continente nero che il futuro decano della musica africana in Europa quasi non conosce.
Il 27 gennaio la “tavola rotonda” approda alla decisione di una data per l’indipendenza, il 30 giugno: all’Hotel Le Plaza, Kabasele lancia col suo complesso Indépendance Cha Cha.
L’appuntamento con la storia a cui arriva puntuale a Bruxelles nel ’60 è solo il momento più epico della carriera di Kabasele: dai primi anni cinquanta Le Grand Kallé getta le basi della straordinaria rumba congolese, che per decenni sarà la massima rappresentazione dello spirito del suo paese e di tutto il continente: e con la sua musica, con cui non solo riflette ma contribuisce anche a formare la nuova identità delle popolazioni inurbate a Leopoldville (poi nel ’66 ribattezzata Kinshasa), il loro senso di sé e del loro essere dei congolesi moderni, Le Grand Kallé la storia non si limita ad incrociarla ma, direttamente, la scrive.
Foto di MarekF