Il jazz vero e proprio arriva a New York all’inizio del 1917, portato da musicisti bianchi. Sono i componenti della Original Dixieland Jass Band, che approdano nella Grande Mela via Chicago, dove il gruppo si è formato, e che sono originari di New Orleans. Mentre quindi tra fine ottocento e anni dieci del novecento nella Crescent City si coagula il jazz, a New York il jazz in senso pieno non c’è ancora: in compenso su New York cominciano a convergere musiche che precedono il jazz o che al jazz preludono e di cui il jazz nella sua fase pionieristica si nutrirà, come ragtime e blues.
New York quindi incamera nuovi stimoli musicali che provengono da altre parti degli Stati Uniti e funziona da spazio congeniale a far entrare questi stimoli in contatto e in reazione fra loro, e da ribalta che ne amplifica la diffusione: ma all’affermarsi di un nuovo mondo musicale, di una sensibilità inedita, che avrà poi nel jazz la sua espressione più clamorosa, New York dà anche un proprio, specifico, contributo con tutto un tessuto di musica nera che fra fine ottocento e anni dieci del novecento presenta un livello di elaborazione artistica e un grado di professionalità estremamente elevati. Di questo universo musicale afroamericano dei primi due decenni del novecento di cui New York è la scena, James Reese Europe è una delle figure decisive e certamente più affascinanti.
Ecco James Reese Europe con la sua Europe’s Society Orchestra in un brano, Too Much Mustard, inciso per la Victor a New York nel 1913.
A cavallo fra ottocento e novecento a Manhattan l’industria della musica e dello spettacolo raggiunge già uno stadio di sviluppo molto avanzato, e al suo interno mostrano una notevole intraprendenza diversi musicisti, artisti, operatori neri. Ai primi del secolo nel settore dell’editoria musicale di Tin Pan Alley cominciano ad affacciarsi anche editori musicali afroamericani, specializzati in musica nera. New York è un polo di attrazione per il ragtime: sull’onda del successo di Maple Leaf Rag, ai primi del secolo da Sedalia, nel Missouri, si sposta a New York Scott Joplin, il più importante compositore di questo genere musicale di successo. Intanto nelle aree di insediamento dei neri, come Hell’s Kitchen, si suona il piano con approcci che cominciano già ad andare verso un superamento del ragtime, superamento che maturerà negli anni dieci. E c’è poi il teatro, la rivista, lo spettacolo di varietà: alla fine dell’ottocento a New York si registra una importante evoluzione in questo settore, così che dall’attività di marca popolare delle compagnie nere di vaudeville, con i loro show in cui ballad, spiritual, danze, numeri, attrazioni, sketch comici sono cuciti insieme alla buona da qualche canovaccio narrativo, si arriva all’allestimento di opere anche ambiziose e sofisticate.
Dalla fine dell’ottocento e fino al 1910 in effetti a New York c’è una prima fase di grande fortuna dello spettacolo nero, che conquista Broadway con produzioni gestite da bianchi, ma in cui compositori, parolieri, musicisti, attori, cantanti e musicisti sono neri. In questo primo decennio del novecento in pratica c’è addirittura una egemonia nera su Broadway, all’insegna di nuovi ritmi come cakewalk e ragtime, di nuovi modi di ballare, di uno humour afroamericano: sfortunatamente la morte quasi contemporanea di alcune delle personalità di punta di questa scena porta poi ad un rapido declino di questo fenomeno.
James Reese Europe arriva a New York nel pieno di questa stagione di creatività nera che si riversa nello spettacolo newyorkese. Reese è nato nel 1881 in Alabama; quando Jim ha dieci anni la famiglia si sposta a Washington, e poi nel 1904 a New York. Nel giro di qualche anno Reese si afferma come una delle figure di riferimento della scena musicale afroamericana della Grande Mela.
Nel 1910 Reese dà vita al Clef Club, una specie di via di mezzo fra un’associazione e un’agenzia di impresariato, destinata a promuovere la presenza degli afroamericani nel business della musica, e a sottrarli a condizioni di discriminazione e sfruttamento. Due anni dopo il Clef Club è già in grado di organizzare alla Carnegie Hall un concerto della Clef Club Orchestra a beneficio di una scuola di musica per afroamericani: nel bel mezzo di Manhattan, appena a sud del Central Park, la Carnegie Hall era stata costruita vent’anni prima, ed era allora il tempio della musica classica a New York. Un concerto in una sede prestigiosa come la Carnegie, che solo ventisei anni dopo, nel ’38, aprirà le porte al jazz con la trionfale serata con protagonista Benny Goodman, ci fa capire il livello dell’attività di questa società di afroamericani, e il senso di sé di James Reese Europe e degli artisti del Clef Club.
Dell’orchestra del Clef Club faceva parte anche Will Marion Cook, che si era già esibito alla Carnegie Hall nel 1896 come solista di violino: Cook è una delle figure prominenti del mondo dello spettacolo nero a New York ai primi del novecento. Classe 1869, nipote di ex schiavi che avevano comprato la propria libertà, Cook negli anni novanta del novecento studia il violino a Berlino, poi studia a New York con il grande compositore ceco Antonin Dvorak. Nel 1898, con Paul Laurence Dunbar, pioniere della poesia e della letteratura afroamericana, Cook crea Clorindy, or The Origin of the Cakewalk, commedia musicale con un cast interamente nero che viene presentata con successo a Broadway. Nel 1903 viene poi messa in scena In Dahomey, creata da Cook sempre in collaborazione con Dunbar, primo musical scritto e interpretato interamente da neri presentato in un importante teatro di Broadway, e oggi considerato una pietra miliare nella storia della commedia musicale americana.
Ecco nel 1913 la Society Orchestra di James Reese Europe in un brano di Wilbur Sweatman, Down Home Rag.
Il Clef Club valorizza le opere di compositori neri: per esempio di Samuel Coleridge Taylor, compositore britannico mulatto – il cui padre era un africano, un creolo della Sierra Leone – che era in contatto con Paul Laurence Dunbar. Ma l’attività di Reese prende anche direzioni che lo mettono in risalto nel consumo e nella cultura di massa: per esempio la sua collaborazione con la coppia di ballerini bianchi Vernon e Irene Castle.
Castle House Rag, inciso dalla Society Orchestra di Reese a New York nel 1914, è un brano composto da Reese per il repertorio dei Castle,
Americana lei e inglese lui, Irene e Vernon Castle si conoscono nel 1910, si sposano e fanno anche artisticamente coppia. Nel ’12 sono a Parigi, dove trovano lavoro come ballerini al Café de Paris. Hanno successo: sono giovani, eleganti, e propongono l’ultimo grido nel modo di ballare, con danze che portano nomi curiosi come Texas tommy, Turkey trot, grizzly bear, basate sul ragtime e su vivaci ritmi di impronta afroamericana e latina.
Il loro successo rimbalza a New York, dove si esibiscono al Café de l’Opera, diventando un fenomeno di moda. Irene fa tendenza non solo col ballo: è una delle prime donne a portare i capelli tagliati corti, e diventa un’icona della moda dell’epoca.
Il segreto del successo di Vernon e Irene Castle sta nell’adottare stili di danza che portano in ultima analisi il segno della presenza nera nelle Americhe, e che sono in questo senso carichi di novità per un pubblico bianco, ma in una interpretazione che elimina da questi stili di ballo gli elementi troppo legati alla sessualità, facendone dei balli eccitanti, magari audaci, ma comunque accettabili, non sconvenienti per la borghesia e l’alta società bianche.
Se i Castle adattano ed edulcorano modalità di ballo sviluppate dai neri, sono però tutt’altro che inconsapevoli della specificità dei ritmi e delle musiche a cui questi stili di ballo sono legati. Nell’autunno del ’13 i Castle hanno occasione di assistere ad un’esibizione della Europe’s Society Orchestra ad un party, e propongono a Reese di accompagnarli nei loro spettacoli di danza. Reese accetta e comincia a preparare musica appositamente per loro, lavorando con la coppia sia nella scuola di ballo che nel club che i Castle aprono. Come conseguenza di questa prestigiosa collaborazione con i Castle, a James Reese Europe viene offerto dalla Victor di incidere con la sua Europe’s Society Orchestra: la sua compagine è la prima orchestra afroamericana ad incidere per una casa discografica del peso della Victor. Castle Walk è un altro dei brani incisi nel 1913-14 da Reese con la sua Europe’ Society Orchestra per la Victor.
Nel gennaio del ’14 i Castle ottengono degli ingaggi al Palace Theatre e all’Hammersteins Victoria Theatre, che nella New York dell’epoca come luoghi di spettacolo sono considerati ai vertici. In quegli anni anche a New York le organizzazione sindacali dei musicisti erano ancora segregate, una per i bianchi e una per i neri, e ci furono obiezioni al fatto che la compagine di James Europe prendesse posto nel golfo mistico, nella buca dell’orchestra, accanto alle orchestre bianche di questi teatri. I Castle però insistettero a volere l’accompagnamento della formazione di James Reese Europe, e risolsero questo problema di relazioni razziali facendo accomodare la formazione di Europe direttamente sul palco: era la prima volta che un’orchestra afroamericana suonava in sale di spettacolo di quel livello.
L’affermazione raggiunta da James Reese Europe era più unica che rara per un musicista afroamericano di quei tempi. La collaborazione di Reese con i Castle si interruppe solo con la prima guerra mondiale. Vernon Castle decise infatti di tornare in patria per arruolarsi nell’aviazione britannica: sarebbe morto nel ’18 in un incidente aereo.
James Reese Europe non è solo un musicista abile e intraprendente, è anche un artista con un orgoglioso senso di appartenenza al popolo afroamericano, e con una precoce coscienza del valore e dell’autonomia della musica neroamericana, senza complessi di inferiorità nei confronti della musica bianca: a chi all’epoca ascoltando la sua musica suggerisce che Reese farebbe bene a meditare maggiormente sulla musica classica europea, Reese risponde: “abbiamo sviluppato un tipo di musica sinfonica che – non importa cosa se ne possa pensare – ma è diversa e distinta, è congeniale a suonare le peculiari composizioni della nostra razza (…). Il mio successo deriva dall’essere stato aderente alla musica del mio popolo”. Reese dice inoltre: “Noi gente di colore abbiamo la nostra musica che è parte di noi: è il prodotto delle nostre anime: è stata creata dalle sofferenze e dalla miseria della nostra razza”.
E a proposito di sofferenze e miseria, Plantation Echoes, “echi della piantagione”, è una medley di brani che rinviano al Sud degli Stati Uniti, con la voce di Noble Sissle. Nel periodo della guerra, in Francia, Europe eseguirà nei suoi concerti delle “plantation” medley. Plantation Echoes viene registrata al ritorno dalla guerra nel ’19.
Nel febbraio del ’17, nello stesso mese in cui a New York la Original Dixieland Jass Band incide il primo disco della storia del jazz, gli Stati Uniti rompono le relazioni diplomatiche con la Germania; il 20 marzo il gabinetto di guerra americano vota all’unanimità la dichiarazione di guerra all’impero tedesco, che il 2 aprile il presidente Wilson chiede alla Congresso di approvare, cosa che il Congresso fa il 6 aprile; in giugno inizia la coscrizione.
Pur non essendo neppure più un ragazzino – ha più o meno trentacinque anni – James Reese Europe si arruola. Non attende anzi nemmeno l’entrata in guerra degli Stati Uniti: si arruola già nel settembre del 1916. In realtà a spingere Reese non sembra sia un particolare interesse per la guerra in Europa: più che all’Europa, Reese guarda forse proprio agli Stati Uniti. Reese è per esempio convinto dell’importanza della costituzione ad Harlem di un reparto militare afroamericano: e decide di dare il buon esempio. Scelta fatidica che lo porterà lontano dalla New York dei suoi successi, dove tornerà nel ’19, entrando subito in studio di incisione: fra i brani registrati dopo la guerra, questa medley di successi di Broadway.
La musica di Reese non è ancora jazz: da un lato contiene e supera il ragtime, dall’altro fa tesoro della musica bandistica alla John Philip Sousa: fra l’altro quando a dieci anni Reese con la famiglia si sposta a Washington, si trova ad abitare a due passi proprio da Sousa, che all’epoca dirige ancora la banda dei marines. E le formazioni guidate da Reese prima della guerra non sono complessini, ma ampie compagini che arrivano a più di cento elementi e che hanno ambizioni sinfoniche. In pratica quello di James Reese non è ancora jazz in senso proprio, ma una musica battistrada che in parte va in direzione del jazz, che prelude al jazz.
Prima della Grande Guerra Reese ha già avuto grandi successi, un posto nella storia della musica americana se lo è già guadagnato, ma non è ancora entrato nella leggenda: a proiettarlo nel mito sarà proprio la prima guerra mondiale.
Ecco intanto un brano della band di Reese inciso al ritorno dall’esperienza bellica, nel marzo del ’19, When The Bees Make Honey: la voce è di Noble Sissle.
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