Approfondimenti

L’inferno umanitario a Gaza, la sanità pubblica al collasso e le altre notizie della giornata

gaza ramadan

Il racconto della giornata di giovedì 18 aprile 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Antonio Guterres è tornato a chiedere un cessate il fuoco in un giorno in cui, secondo i giornalisti sul campo, l’offensiva israeliana è stato particolarmente violenta. Al summit del G7 che si sta tenendo a Capri, all’ordine del giorno c’è la questione delle armi all’Ucraina. Ilaria Salis sarà candidata dall’Alleanza Verdi Sinistra alle prossime elezioni europee. Il governo cerca in tutti i modi di ostacolare l’accesso al suicidio assistito. La maggioranza è riuscita ad inserire un emendamento che permette la presenza di associazioni di volontari e anti abortiste dentro ai consultori. L’Istat ha diffuso i dati del rapporto chiamato benessere equo e sostenibile.

Antonio Guterres: “L’offensiva israeliana a Gaza ha prodotto un inferno umanitario”

“L’offensiva israeliana a Gaza ha creato un inferno umanitario”. Sono le parole del segretario generale dell’Onu Antonio Guterress, pronunciate in apertura della riunione del consiglio di sicurezza che più tardi voterà la mozione per l’ingresso della palestina tra i paesi membri.
Guterres è tornato a chiedere un cessate il fuoco in un giorno in cui, secondo i giornalisti sul campo, l’offensiva israeliana è stato particolarmente violenta. Nelle ultime 24 ore i morti sono più di 70 e sono stati segnalati bombardamenti lungo tutta la striscia. A Rafah un raid ha colpito una casa uccidendo 11 membri della stessa famiglia, compresi 5 bambini. Secondo l’Unicef sono quasi 14 mila i minori uccisi dall’inizio del conflitto, su un totale di 34 mila vittime.
A Rafah, poi, la popolazione teme un’imminente invasione di Rafah. Nelle scorse ore l’esercito israeliano ha rafforzato il dispiegamento di armi nella striscia, suggerendo una preparazione all’invasione.

In queste ore, poi, è circolata una voce – diffusa da fonti egiziane – secondo la quale gli Stati Uniti avrebbero approvato il piano israeliano per Rafah in cambio di rassicurazioni su un attacco militato all’Iran, come ritorsione per l’attacco iraniano di sabato scorso. Gli stati Uniti hanno smentito, e in queste ore è previsto un incontro virtuale tra funzionari statunitensi e israeliani proprio sull’invasione di Rafah.
Abbiamo chiesto un parere a Lorenzo Cremonesi, inviato del corriere della sera

Il G7 si impegna a potenziare gli aiuti militari a Kiev

Al summit del G7 che si sta tenendo a Capri, all’ordine del giorno c’è la questione delle armi all’Ucraina. “La difesa aerea, è una necessità urgente e fondamentale” per Kiev ha detto il segretario della Nato Stoltenberg, presente al vertice di Capri. La Germania ha già dato la propria disponibilità a rifornire Kiev di missili Patriot.
“Anche altri paesi potrebbero farlo”, ha detto ancora Stoltenberg.
Al G7 partecipa anche il ministro degli esteri ucraino Kuleba che ha avuto anche un faccia a faccia con il segretario di Stato americano Blinken.
Le difese aeree sono state più volte chieste dal presidente ucraino Zelensky, e ancora ieri dopo il pesante bombardamento russo nel Nord, contro la città di Cernihiv.

Alleanza Verdi e Sinistra candiderà Ilaria Salis alle europee

Ilaria Salis sarà candidata dall’Alleanza Verdi Sinistra alle prossime elezioni europee. L’indiscrezione circolava da giorni, poco fa è arrivata l’ufficialità. Il gruppo, d’accordo con il padre, la metterà in lista per tutelare i diritti e la dignità di una cittadina europea, anche dall’inerzia delle autorità italiane. Questo quanto si legge in un comunicato. Lo scopo, dice Avs, è quello di ottenere per Salis una rapida scarcerazione in favore degli arresti domiciliari negati con l’ultima decisione dai giudici ungheresi. Salis, a processo con l’accusa di aver partecipato a una aggressione a dei militanti neonazisti, da più di un anno è sottoposta a durissime condizioni di detenzione in Ungheria. Non è ancora chiaro in quale circoscrizione verrà inserita. Nelle scorse ore si è parlato di un posto da capolista nel Nord Ovest, ma Verdi e Sinistra non hanno ancora confermato i dettagli.

Il governo contro la regione Emilia Romagna sul fine vita

A febbraio la giunta regionale di Stefano Bonaccini aveva approvato due delibere per l’accesso al suicidio medicalmente assistito. In assenza di una legge nazionale, alcune regioni stanno tentando di dare almeno delle regole uniformi sul loro territorio. Ma l’esecutivo ora si mette di traverso

(di Alessandro Principe)
L’obiettivo è di colmare il vuoto legislativo e di mettere le aziende sanitarie nella condizione di garantire il diritto dei malati sancito da sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo. Alle aziende sanitarie la Regione ha inviato delle linee guida che stabiliscono iter e tempistiche del fine vita, massimo 42 giorni dalla domanda del paziente alla eventuale esecuzione di procedura farmacologica. Contro queste decisioni si è schierato il governo che ha chiesto al Tar di annullare le delibere. Lo hanno fatto la presidenza del Consiglio e il Ministero della Salute. Il paradosso è la principale motivazione per la quale Giorgia Meloni e Orazio Schillaci chiedono al Tar di annullare tutto è il “difetto di competenza dell’organo”. Certo, a essere competente sarebbe in primo luogo il parlamento visto che è stato chiamato in causa direttamente dalla Corte Costituzionale e visto che sarebbe bene evitare avere situazioni diverse tra regione e regione. Ma il Parlamento è fermo. E una legge sul fine vita nazionale non c’è. E’ per questo che alcune regioni si muovono. .Nella passata legislatura si era quasi arrivati al traguardo ma il testo unificato, approvato dalla Camera dopo quasi 4 anni in Commissione Affari sociali, non ha fatto in tempo a ricevere il via libera del Senato. E così i pazienti, molto spesso malati terminali, sono costretti ad appellarsi ai tribunali per avere un risposta dalle Asl che in assenza di regole precise non sanno come comportarsi.

Via libera alle associazioni anti abortiste nei consultori

(di Anna Bredice)
“Un vergognoso ordine del giorno”. Così le associazioni Pro Life hanno definito l’ordine del giorno del Pd che chiedeva al governo di assicurare la piena attuazione della 194 affinché non venga ridotto il diritto delle donne ad accedervi. Ma il comunicato dei Pro Life si scaglia soprattutto contro i leghisti che si sono astenuti invece di votare no, quasi un affronto, un tradimento che arriva da una destra che ha sempre strizzato l’occhio alle associazioni antiabortiste. L’ordine del giorno è stato bocciato, ma nella maggioranza si è creata una spaccatura dovuta proprio a quei 15 leghisti sui 37 deputati del Carroccio che si sono astenuti, tra cui il capogruppo Molinari che motiva la scelta con la libertà di coscienza, Laura Ravetto va oltre e spiega che l’ultima parola spetta sempre alla donna e che la 194 non si tocca. Certo, che ci sia l’astensione del capogruppo leghista è stato un segnale che meloni considera un colpo basso dello stesso Salvini, questioni quindi anche interne alla mai risolta competizione dentro la destra. Resta il fatto che nel decreto sul Pnrr la maggioranza è riuscita ad inserire un emendamento che tocca la libertà della donna nella scelta, perché vengono stanziati fondi che permettono la presenza di associazioni di volontari e anti abortiste dentro ai consultori. È proprio quello che sosteneva Giorgia Meloni nella sua campagna elettorale e che ora prova a realizzare inserendo un emendamento all’interno di un decreto che poco c’entra, forse sperando che tutto potesse passasse senza clamore. In aula alla Camera dopo la bocciatura dell’ordine del giorno è arrivata dal Pd una domanda al governo, “cosa vi hanno fatto di male le donne, dicono, dopo aver smantellato Opzione donna, aumentato l’Iva su assorbenti e prodotti di infanzia, bloccato i bonus nidi, ora si attacca la 194”.

La sanità pubblica al collasso: tagli, fuga dei medici e cure essenziali non erogate

(di Massimo Alberti)
Tagli ai posti letto, fuga dei medici, cure essenziali non erogate. E sempre più persone non riescono a curarsi. Oggi un nuovo rapporto, curato dal coordinamento delle 75 Società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari, lancia l’ennesimo allarme sul deteriorarsi della sanità pubblica.
L’altro ieri Istat ha diffuso i dati del rapporto chiamato benessere equo e sostenibile. 4,5 milioni di persone nel 2023 hanno rinunciato alle cure per problemi economici, lunghezza delle liste di attesa o difficoltà di accesso alle strutture sanitarie, troppo lontane. Si è passati dal 7 al 7,6 per cento della popolazione. Sono dati a dir poco drammatici, diretta conseguenza di una sanità pubblica che non tiene più. Dai tagli delle strutture sanitarie sul territorio, alla mancanza di medici di base, ospedalieri ed infermieri, alle liste di attesa troppo lunghe che spingono chi può verso il privato, che nel frattempo ha alzato i prezzi fiutando l’affare della crisi del sistema sanitario, e chi non può non si cura. L’appello di Nobel e scienziati italiani è rimasto lettera morta: i dati dicono che la realtà è il netto definanziamento della sanità pubblica, aggravato dall’inflazione. I numeri diffusi oggi dal coordinamento delle società sanitarie sono l’ennesima conferma: dal 2020 al 2022 negli ospedali sono stati tagliati 32500 posti letto e fra il 2019 e 2022 oltre 11000 medici hanno lasciato le strutture pubbliche. In 10 anni è stato chiuso quasi il 10% dei nosocomi. i livelli essenziali di assistenza, cioè le cure fondamentali, non sono rispettati in 12 regioni su 21. E l’autonomia differenziata aggraverà ulteriormente il problema. E’ una strada senza uscita nel momento in cui la direzione dei tagli alle tasse, di conseguenza allo stato sociale, non verrà invertita, mentre lo stato aumenta la spesa militare. Questione dunque di scelte politiche: quelle che da anni affidano al mercato la salute che da diritto alla cura, sta diventando gradualmente ma inesorabilmente un problema per molti, un affare per qualcuno, un lusso per pochi.

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    Redazione
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