“Oggi è una bella giornata!”. E’ questa la prima reazione dell’ex ministra per l’Integrazione Cécile Kyenge alla notizia della condanna dell’europarlamentare leghista Mario Borghezio per gli insulti razzisti e le affermazioni discriminatorie pronunciati contro Kyenge, durante la trasmissione La Zanzara, nell’aprile del 2013.
Borghezio aveva detto, tra il resto, che l’allora ministra voleva “portare e imporre le sue tradizioni tribali in Italia” e che “gli africani sono africani e appartengono a una etnia molto diversa dalla nostra”.
E ancora: “Kyenge fa il medico, gli abbiamo dato un posto in una Asl che è stato tolto a qualche medico italiano”, aggiungendo che noi italiani “non siamo congolesi, abbiamo un diritto millenario”
Per quelle parole la quarta sezione penale del tribunale di Milano ha condannato Borghezio a pagare una multa di 1.000 euro per il reato di diffamazione aggravata da discriminazione razziale, con il risarcimento di 50mila euro all’ex ministra.
Il pm Piero Basilone aveva sottolineato nella requisitoria che Borghezio “era perfettamente a conoscenza della portata discriminatoria” contenuta nella sue parole, durante la telefonata alla radio. Il senso delle sue frasi, ha spiegato il magistrato, “è che l’ex ministro Cécile Kyenge fosse inadeguata a fare il ministro” per le sue origini congolesi, e la sua finalità era di “attirare adesioni a quelle idee”.
Borghezio non è stato l’unico ad aver insultato Kyenge. Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, a luglio 2013, aveva paragonato l’ex ministra a “un orango”. Ma poi il Senato votò contro l’autorizzazione a procedere nei confronti del senatore leghista, per istigazione all’odio razziale.
Borghezio ha commentato così la condanna: “Sarò costretto a vendermi la casa, 50mila euro è un risarcimento di eccezionale importo”
Cécile Kyenge, che riflessione fa sulla condanna a Borghezio?
“… Che oggi è una bella giornata, un momento importante, dopo 4 anni, la giustizia ha vinto. Credo che questo sia un messaggio importante, le battaglie bisogna portarle fino in fondo e io l’ho fatto, perché bisognava far valere il principio dei diritti, del rispetto, della non discriminazione. Sì proprio una bella giornata!”.
Perché lei dice che oggi, con questa condanna, siamo davanti a un messaggio importante?
“Perché è un sentenza che avvisa tutti coloro che volessero seguire la strada degli insulti razzisti, delle offese, delle discriminazioni razziali. E poi credo che dobbiamo esigere da tutti, e in primis da chi è nelle istituzioni, nei parlamenti italiani o europei, un comportamento corretto, sapere misurare le parole, essere da esempio per i giovani. E’ un fatto di civiltà”.
Cosa la ferì di più nelle parole di Borghezio?
“Guardi, fu ferita la mia dignità. Mi ferì la mancanza di rispetto, sia per le parole usate sia per i toni”.
Lei sarà presente alla manifestazione del 20 maggio a Milano. Perché?
“Perché è importante che ci siano queste manifestazioni dal basso. Perché potremo tutti insieme dire no ai seminatori di odio, a chi soffia sul fuoco contro i migranti, alimentando i conflitti, per tornaconto elettorale. Ma anche per dire tanti sì: all’accoglienza, ai diritti, a un futuro senza muri, combattendo un’idelogia malata che vede nei diversi il nemico”.
L’intervista è di Piero Bosio