Abrogazione totale. La Commissione Lavoro alla Camera ha approvato l’emendamento che prevede la cancellazione dei voucher, di tutti i tipi. Varrà però dal 2018, perché chi li ha acquistati potrà usarli fino alla fine di quest’anno.
Soluzione drastica che non piace a tutti nella maggioranza – contraria tutta l’area di centro – e nemmeno a tutti nel Pd, perchè viene vista come tattica di Renzi, più che di Gentiloni, per evitare il referendum promosso dalla Cgil e una possibile sconfitta.
Il capogruppo del Pd Rosato ha anticipato che nei prossimi mesi Gentiloni aprirà un confronto con i sindacati per valutare altre misure al posto dei voucher. Il governo quindi pensa a sostituirli in qualche modo, perlomeno nell’uso tradizionale e ristretto che avevano all’inizio, anche se rispetto alle scelte del governo Renzi ora si annuncia un confronto con le parti sociali.
Il Consiglio dei Ministri recepirà l’emendamento che dovrebbe diventare un decreto legge da convertire entro 60 giorni, giusto in tempo, se ci saranno i numeri in Parlamento, per permettere alla Cassazione di annullare il voto del 28 maggio.
Una capovolta rispetto alle posizioni del Pd e di Gentiloni espresse solo poche settimane fa. Il referendum fa paura, e questo fa esultare la Cgil e i partiti di sinistra, che si sentono vincitori.
Renzi teme i referendum e le amministrative e quindi ha voluto sorpassare a sinistra non sono gli scissionisti, il nuovo gruppo MDP che inizia a mettere in difficoltà il governo in Parlamento, ma anche i competitori delle primarie. Orlando ed Emiliano si stavano intestando la battaglia per la modifica dei voucher. Il presidente della Commisisone Lavoro della camera Cesare Damiano, che sta con Orlando, avrebbe voluto una modifica parziale, mantenendo l’uso dei voucher per le famiglie, invece l’emendamento bypassa tutti e cancella totalmente tre articoli del Jobs Act.
Una prova di alleanza con la sinistra in Parlamento, lanciando all’esterno un messaggio anche a Pisapia. Dopo il decreto si dovranno cercare per la conversione in legge i numeri in Parlamento, soprattutto al Senato, dove saranno necessari i voti di tutta la sinistra e anche del Movimento Cinque Stelle.
Il consiglio dei ministri potrebbe considerare con un decreto anche l’altro quesito, quello sugli appalti, molto importante, ma forse per il Governo meno dirompente nell’opinione pubblica.