Nell’ambasciata italiana a Tunisi sorge il primo Giardino dei Giusti in un Paese arabo. L’estate scorsa durante la sua inaugurazione sono stati piantati cinque ulivi, in nome di altrettante persone che hanno rischiato o dato la vita per salvare altri esseri umani. Tra loro la guida Hamadi Ben Abdesslem, che portò al sicuro 45 italiani durante l’attacco terroristico dell’Isis al Museo del Bardo. La settimana scorsa Ben Abdesslem era Milano ospite dall’associazione Gariwo ed è intervenuto sul tema della battaglia culturale contro il terrorismo islamista. Esteri lo ha intervistato.
“Il giorno dell’attentato al museo del Bardo, era un mercoledì, avevo in programma di accompagnare un gruppo dei turisti sbarcati dalla nave Costa alla medina di Tunisi, al Bardo e in altre località. Sono arrivato lì, come tutte le settimane, tranquillo. Mentre stavo spiegando abbiamo sentito degli spari, a cui all’inizio non ho dato importanza perché lì vicino si trova una caserma. E forse proprio questo fatto mi ha permesso di reagire con molta calma, senza panico. Finché non è arrivata la prima pallottola e un turista ha gridato: ‘Ma è un attentato!’. Con molta calma siamo riusciti a ripararci negli uffici dell’amministrazione, poi siamo usciti dal museo, sempre senza sapere quanti e dove fossero gli uomini armati. Alla fine abbiamo messo tutti in salvo dentro i locali della questura di polizia. E’ stato un incubo. L’attentato al Bardo e poi quello che ha colpito un resort sulla spiaggia di Sousse hanno messo a terra tutta la Tunisia. Ma rimaniamo un Paese aperto e moderato”
Ascolta qui l’intervista integrale di Chawki Senouci a Ben Abdesslem
guida tunisina hamadi abdesslam
Il Giardino dei Giusti di Tunisi è nato grazie alla collaborazione tra Gariwo e la Farnesina. Gli altri alberi sono stati dedicati a Mohamed Bouazizi, il giovane ambulante che si diede fuoco per protestare contro le angherie della polizia dando avvio alla primavera democratica in Tunisia; Khaled Abdul Wahab, l’imprenditore tunisino che a Mahdia ha salvato gli ebrei perseguitati durante l’occupazione nazista; Khaled al-Assad, l’archeologo siriano trucidato dall’Isis per aver difeso il patrimonio culturale di Palmira; Faraaz Hussein, il giovane studente bengalese che il 2 luglio scorso a Dacca ha scelto di morire pur di non abbandonare le sue amiche in mano ai terroristi.
Le foto sono una gentile concessione di Gariwo