“Ora potrò continuare ad agire per alleviare le sofferenze dei migranti. Non saranno di certo le minacce di un prefetto o gli insulti di qualche politico a fermarmi. Continuerò,perché è necessario continuare”.
Sono le parole di Cédric Herrou poco dopo la sentenza del Tribunale di Nizza che lo ha condannato a pagare 3000 euro di multa, con la condizionale, per aver aiutato alcuni profughi ad attraversare il confine tra l’Italia e la Francia e non “essersi accertato del loro status irregolare “.
Al contadino francese ,che ‘semina umanità’, è stata inflitta una pena quasi simbolica, tanto che il suo avvocato ha detto: “è un verdetto giusto, la multa di 3000 euro rende evidente che Herrou ha agito per motivi esclusivamente umanitari”.
Herrou è soddisfatto della sentenza, ma avverte:
“La mia vera vittoria ci sarà quando non dovrò più fare questo e occuparmi dei miei campi. Per questo chiedo che i politici si assumano le proprie responsabilità, affrontando il dramma dei migranti, in particolare dei minori che vengono respinti dalla Francia”.
Herrou è stato invece assolto dall’accusa di aver occupato insieme a una cinquantina di eritrei una struttura dismessa delle ferrovie dello stato francesi e di aver favorito il movimento e la residenza di migranti irregolari in Francia. Gli imputavano il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver aiutato duecento migranti ad attraversare la frontiera e per aver dato da mangiare e da bere a 57 di loro.
La Procura di Nizza aveva chiesto per Herrou una condanna a 8 mesi con la condizionale, il sequestro del suo furgone con cui trasportava i migranti, e una restrizione dell’uso della patente.
Ora Herrou è determinato a continuare la sua azione umanitaria.
Cédric Herrou, contadino francese di 37 anni, da tempo aiuta a entrare in Francia, per motivi umanitari, i migranti sprovvisti di permesso di soggiorno. E il suo è ormai un caso politico, che ha superata i confini francesi, ne aveva parlato anche il New York Times.
Già due anni fa era stato sorpreso alla guida della suo vecchio furgone con alcuni migranti eritrei. Il caso non aveva avuto un seguito giudiziario in quanto il giudice aveva valutato che Herrou non lo aveva fatto per soldi ma come atto umanitario, dunque non l’azione di un passeur, di chi con il pagamento di denaro, fa passare clandestinamente il confine.
Herrou vive nella valle della Roja, una zona al confine tra la Francia e l’Italia, ad alcuni chilometri da Ventimiglia, dove si mantiene con la vendita dei prodotti della sua terra: uova, olio, olive, verdure. Nella valle tutti sanno cosa fa per aiutare i migranti, molti lo sostengono.
Da quando la Francia ha chiuso la via d’ingresso di Ventimiglia sempre più migranti tentano di evitare il blocco passando per le montagne o altre vie, attraverso la valle della Roja. Herrou li aiuta, li accompagna, dà loro cibo e vestiti. Per questo era stata chiesta per lui la condanna per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
“Lo so che la legge è contro di me, contro quello che sto facendo per aiutare le persone in difficoltà, ma allora cambiamo questa legge – aveva detto Herrou – Le leggi devono essere fatte perché la società vada bene e la gente possa vivere insieme in armonia”.
Il caso di Cédric Herrou ha riportato in primo piano i cosiddetti ‘reati di solidarietà’, che nascono da una norma europea del 2002 che prevede sanzioni contro chi accompagna, aiuta i profughi nel viaggio attraverso i confini dell’Unione. Una norma che mette sullo stesso piano scafisti e operatori umanitari. I casi dei ‘delitti solidali’ si moltiplicano, da Como a Calais, spiega in un articolo su Altraeconomia Ilaria Sesana che racconta diverse storie, tra cui quella italiana di Como. Un questione, quella dei reati di solidarietà, che un buona politica dovrebbe affrontare e risolvere.
Herrou promette che continuerà la sua battaglia. Il contadino francese ha sempre sostenuto che tutto quello che sta facendo è per aiutare i migranti che fuggono da guerra, repressione, fame, e tra loro molti minori, persone che lo Stato, dopo aver chiuso la frontiera, lascia al suo destino.
“Non è che mettendo in prigione me si risolve il problema- aveva detto nel primo processo a Nizza- il problema sono le donne, gli uomini che soffrono e non hanno voce. La democrazia ci impone di uscire per le strade e guardare negli occhi le persone che ci sono accanto e aiutarle anche quando non lo conosciamo”.