Muziekpublique è una organizzazione non profit belga specializzata in folk e world music che, al bel ritmo di un centinaio all’anno, propone concerti, per lo più al Molière, una sala da quattrocento posti che si trova a Motonge, il quartiere africano (a dominante congolese) di Bruxelles, e che su circa trentacinque strumenti – diversi dei quali portatori di particolari tradizioni, come per esempio il duduk simbolo dell’Armenia – organizza corsi tenuti dai migliori specialisti presenti in Belgio.
E di tanto in tanto Muziekpublique realizza anche dei cd: per l’ultimo, Amerli, sottotitolo Refugees for Refugees, Muziekpublique ha avuto l’idea di mettere insieme una ventina di musicisti-rifugiati provenienti da Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan e Tibet, a cui si sono aggiunti alcuni ospiti, come Vardan Hovanissian e Emre Gultekin, musicisti armeni protagonisti di un precedente album dell’etichetta. A spingere l’organizzazione belga a produrre questo disco è stato il dramma a cui stiamo assistendo dei migranti che cercano di raggiungere l’Europa.
I musicisti-rifugiati protagonisti di Amerli sono dei virtuosi, molti dei quali formatisi in alcune delle più prestigiose istituzioni musicali del Medio Oriente. Lo scopo di questo progetto è di aiutarli a far ascoltare la loro voce e a ricostruire la loro vita in Belgio. Nello stesso tempo il dialogo fra musicisti provenienti da tradizioni differenti ricorda quale risorsa sia per le nostre società la ricchezza e la diversità delle culture e l’importanza e l’elemento di innovazione rappresentati dal confronto e dallo scambio.
Il sottotitolo Refugees fo Refugees, poi, non è solo una dedica ideale: parte del ricavato della vendita del cd sarà destinata al sostegno di pratiche artistiche di altri rifugiati, attraverso Globe Aroma, che si occupa di espressione artistica in riferimento a rifugiati e richiedenti asilo, e Synergie 14, che si rivolge ai migranti minori mettendo a disposizione una struttura di accoglienza, assistenza psicosociale e legale e attività sportive e culturali.
La musica è molto toccante, come lo sono i contenuti dei brani interpretati, alcuni tradizional e altri originali. Improvvisando al flauto ney il siriano Tammam Ramadan esprime lo stato d’animo di chi, avendo cercato in Belgio rifugio dalla guerra, si è trovato nella Bruxelles degli attentati del 22 marzo scorso, col pensiero che non poteva che correre alla tragedia delle persone care ancora in Siria. Assieme ad altri due musicisti siriani, Tareq e Khaled, conosciuti prima dell’esilio al conservatorio di Aleppo, Tammam celebra anche, con una canzone tradizionale, la bellezza di una città oggi distrutta. Ali Shaker Hassan Al-Bayati, suonatore irakeno della cetra kanun, di fronte allo spettacolo di un Iraq in rovine rievoca la grandezza dell’antica civiltà mesopotamica. Pure iracheno, Hussein Rassim, suonatore di ud, nella canzone che ha dato il titolo all’album rende omaggio ad Amerli, città a nord di Baghdad, che, accerchiata dall’Isis, grazie alla determinazione dei suoi combattenti, molti dei quali appena adolescenti, è riuscita a resistere per tre mesi, fino alla rottura dell’assedio.