Il19 luglio il Senato ha sospeso la discussione del ddl che intriduce il reato di tortura. Un reato che dovrebbe entrare nel nostro codice penale dal 1988. Il senatore Luigi Manconi è tra coloro che più ha spinto per introdurre il reato. Sembrava fatta dopo l’approvazione alla Camera, nell’aprile del 2015. Alla fine l’hanno spuntata Forza Italia, Lega Nord e Conservatori e Riformisti, che ritengono l’attuale ddl troppo punitivo per le forze di polizia.
“L’Italia ha ratificato nel lontano 1988 la convenzione dell’Onu che prevedeva l’introduzione nell’ordinamento degli stati del delitto di tortura. L’Italia ratificando ciò ha detto che quella era la sua intenzione, ma dal 1988 non l’ha fatto e temo che oggi non lo faccia per almeno altri 20-30 anni”, commenta Luigi Manconi a Radio Popolare.
Le convenzioni internazionali vengono solo ratificate e ci mettono molto per diventare normative all’interno degli Stati nazionali, continua il senatore. Non è la prima volta che accade: “L’Italia ha anche ratificato una convenzione per l’istituzione di un’autorità nazionale terza a tutela dei diritti fondamentali della persona, ma nemmeno questa si è tradotta nell’effettiva creazione di questo organismo”.
La discussione parlamentare più accesa è stata intorno ad un termine: “reiterate” accostato a “violenze”. Il 14 luglio Moviemnto 5 stelle, Sel e Pd riescono a cancellarlo dall’articolo 1. Per definire è il reato è sufficiente “violenze”. Nuovo centro destra, Forza Italia e Lega Nord insorgono: comincia così il braccio di ferro, che si è concluso con questa sospensione.
E se quell’aggettivo “reiterate” fosse passato” sarebbe cambiato qualcosa? Se si inserisse nuovamente la legge potrebbe passare? “In questo momento mi viene difficile essere elegante e sofisticato come lei mi propone – risponde Manconi -. Oggi (ieri per chi legge, ndr) in Senato è stata fatta autentica porcata. Penso che la questione del termine ‘reiterate’ sia stato utilizzata strumentalmente al fine di affossare questa legge. È stato introdotto surrettiziamente un termine inutile, ridondante e superfluo che serviva solo a rendere più difficile l’individuazione, la definizione e la sanzione di quel delitto che è la tortura. Tutto qui”.
Manconi è stato tra i parlamentari che hanno condotto una battaglia in aula per togliere quel termine. E così è stato. Un motivo semplice, spiega Manconi: “Si aggiungeva ad un ‘violenze’ al plurale. Ma qui c’è un problema classe politica, che non è affatto detto che sia capace di leggere e comprendere. Il plurale rendeva del tutto inutile ‘reiterate’. Quando abbiamo eliminato questo termine, prontamente è arrivata la vendetta da parte del Ministero dell’Interno, che deve risarcirsi dei propri fallimenti politici e come ministro, che aveva da fare l’ennesimo atto di blandizie verso non tutte le forze di polizia, ovviamente, ma verso una parte che esiste ed è animata da uno spirito antidemocratico”.
Quindi il termine era solo uno strumento per affossare la legge: “Avrebbero trovato qualche altro espediente”. C’è un altro esempio: nella versione originale si leggva violenze psichiche”, modificato, prosegue Manconi, “in traumi psichici verificabili, un’autentica bestialità”. “Siccome la maggioranza della classe politica vive una condizione di sudditanza verso polizia, invece che introdurre un’importante iniziativa per renderle più democratiche, incentivando la democratizzazione che molti al suo interno vogliono, preferisce essere subalterna alla parte peggiore”.
La rappresentazione delle forze di polizia non risponde al vero, aggiunge. “Quando c’è stato l’anniversario della morte di Aldovrandi a Ferrara a discutere con il segretario nazionale e il sindacato più numeroso delle forze di polizia c’ero io, non Maurizio Gasparri. Certo, i gruppi dirigenti siccome devono a loro volta blandire le parti di destra, si dichiarano contrari al testo, ma tutto ciò ora è abbastanza superfluo”. La conclusione di Manconi è amara: “Prevedo che sia affossamento definitivo della legge e se ne parlerà tra anni”.
Ascolta l’intervista completa a cura di Sara Milanese