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“Weekend”, un film al rogo

“Sconsigliato/Non utilizzabile/Scabroso”. Parole che riportano al medioevo e che per quanto rigurarda il cinema sono state riservate a film come Salò o Le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini e Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, solo per citare due casi tra i tanti.

Il giudizio della Cei su Weekend è senza tempo, sproporzionato e persino sbagliato nell’individuare come tematiche del film il sesso e la droga. Il film di Andrew Haigh, come dice lo stesso regista, è “un’onesta, intima, autentica storia d’amore” tra due uomini.

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Girato nel 2011 Weekend ha partecipato a numerosi festival mondiali, ricevendo premi ovunque e dopo il successo ottenuto con 45 anni, la Teodora Flm ha deciso di farlo vedere anche in Italia, nonostante  il bollo di censura della Commissione nazionale di valutazione della Cei abbia ridotto la distribuzione a dieci sale cinematografiche.

I due protagonisti del film sono Russell e Glen, interpretati rispettivamente dai due attori, bravissimi, Tom Cullen e Chris New. Tutto è sulle loro spalle, due ragazzi che si incontrano in un locale e nello spazio di un fine settimana si scambiano segreti, sogni, paure, scoprendo pezzi mancanti di loro stessi. “Volevo catturare quei momenti che due persone condividono quando iniziano a impegnarsi in una relazione – scrive Andrew Haigh nelle note di regia. Russell e Glen sono due uomini che attraversano la vita in modo diverso, ma entrambi cercano il loro posto nel mondo”.

Il loro incontro è narrato con leggerezza e il loro percorso di innamoramento è soave. La malinconia che traspare ogni tanto in sottofondo è legata alla loro paura di perdersi e il senso di vergogna nel farsi vedere insieme in pubblico, non è necessariamente legato alla loro omosessualità.

È grazie a tutta questa semplicità e onestà che emerge dai volti, dalle emozioni, dai corpi e dai dialoghi tra i due protagonisti che Weekend riesce a trattare l’amore gay con una naturalezza che raramente si vede al cinema, ma che esiste. Andrew Haigh prova a cogliere il lato positivo dell’amore omosessuale, che troppo spesso viene trascurato per concentrarsi sul dolore e sulle ingiustizie, ancora troppo reali.

All’estero il film è stato capito e amato, in Italia fanno di tutto per non farcelo vedere.

  • Autore articolo
    Barbara Sorrentini
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    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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