“Manca una regia chiara di questo progetto”. È un appello al governo quello del rettore dell’Università degli Studi di Milano, Gianluca Vago. Un appello affinché sul post Expo si passi dagli annunci ai fatti.
L’Università è stata tra i primi, esattamente un anno fa, a mettere sul tavolo un progetto per il post Esposizione. “La Statale prenota il dopo Expo: su quell’area la nuova Città Studi” titolava il Corriere della Sera il 4 febbraio 2015. Un progetto ambizioso da 500 milioni di euro e per 18 mila persone tra studenti, docenti e personale tecnico e amministrativo. Una città universitaria in cui accogliere le facoltà scientifiche oggi a Città Studi e con a fianco il polo tecnologico di Assolombarda.
I mesi passano, tutti rispondono positivamente alla proposta di Vago, il campus universitario sembra piacere sia alla politica sia ai privati. Poi il 10 novembre 2015 arriva a Milano il presidente del consiglio Matteo Renzi e in un discorso dal Piccolo Teatro spariglia le carte: dalle ceneri di Expo nascerà il progetto “Human Tecnopole Italy” con al centro l’Istituto Italiano Tecnologico di Genova di cui nessuno, almeno pubblicamente, aveva sentito parlare fino a un minuto prima. Le università milanesi ci rimangono male ma non fanno polemiche. L’IIT di Genova è un centro di ricerca nato nel 2003 per volontà degli allora ministri Giulio Tremonti e Letizia Moratti ed è finanziato dal governo per 100 milioni l’anno. Secondo una relazione della Corte dei conti del 31 dicembre 2013 ha 430 milioni di fondi non spesi, particolare non secondario in una operazione come quella del post Expo, dove di soldi da spendere ne servono molti.
A mesi di distanza continuano a mancare una regia di governo unica sul progetto e un piano economico per il finanziamento. “Questa necessità c’era un anno fa e c’è oggi – dice il rettore Gianluca Vago – Non c’è ancora un esplicito riferimento a una struttura di governo, credo sia decisiva la partita sul futuro di Arexpo”. Si torna sempre lì, alla governance di Expo, divisa tra Expo Spa e Arexpo, con tutti i nodi irrisolti ancora da sciogliere a partire dai crediti per 86 milioni di euro che Expo Spa ha chiesto ad Arexpo per bonifiche e infrastrutture del sito. “E’ un tema rilevante perché avere interlocutore chiaro è decisivo nel proseguimento dei lavori di studio e fattibilità dei singoli pezzi dell’area e poi per lavorare sul masterplan complessivo dell’area stessa” spiega Vago. Non sapete con chi parlare tra Expo, Arexpo e governo? “C’è una cabina di regia con rappresentanti Regione, Comune e il ministro Martina, ma ha un mandato transitorio”. Quando Vago parla di regia unica non pensa necessariamente a un commissario come è stato Giuseppe Sala, “può anche essere la società Arexpo ma va trasformato il suo mandato in soggetto esecutore unico con cui parlare. E’ un passaggio organizzativo decisivo”.
La proposta del campus rimane sostanzialmente la stessa, l’annuncio di Renzi e l’ingresso dell’IIT di Genova hanno però ridefinito il perimetro del piano della Statale. “Consideriamo positivo l’impulso dato da Renzi” dice Gianluca Vago. Serviranno meno dei 200mila mq previsti all’inizio, ma il campus, nell’idea di Vago, resta da 16.500 studenti, circa 20.000 persone in tutto sommati i docenti, i ricercatori e il personale tecnico.
Nei prossimi giorni si dovrebbe capire innanzitutto come il Governo vuole entrare in Arexpo. Si parla del 40%, ma il nodo resta quello del bilancio Expo, su cui pesano le incertezze dei crediti, e come finanziare l’operazione. Qui entra in gioco Cassa Depositi e Prestiti, di cui l’ex commissario Expo Giuseppe Sala è diventato recentemente consigliere nel cda. “Occorre decidere rapidamente se la destinazione è quella legata alla formazione e la ricerca – dichiara Vago – e anche il tema del fast post è delicato: come si integrerà con il polo della ricerca?”.
L’operazione complessiva vale almeno 700 milioni di euro a cui si sommano i 300 del valore dei terreni, da vendere.
La Statale metterà i soldi che metterebbe nella ristrutturazione di Città Studi, circa 200 milioni. Insieme a Cassa Depositi e Prestiti sta rivalutando le aree e gli edifici di via Celoria, ma serve, per finalizzare l’operazione, un forte investimento pubblico del Governo. E al momento siamo ancora alla fase degli annunci.
Per il rettore Gianluca Vago i timori di alcuni lavoratori sul rischio di un eccessivo indebitamento dell’Università non ci sono. “È comunque una operazione da fare, se non passa l’idea del campus dobbiamo ristrutturare Città Studi e altre aree vicine a via Celoria, nella stragrande maggioranza in condizioni molto precarie, stabili datati, costruiti oltre cinquant’anni fa. Quei soldi vanno spesi lo stesso – spiega Vago – altrimenti dobbiamo chiudere, e io credo sia più sensato usare questi fondi per generare un nuovo progetto, radicalmente diverso da Città Studi”.
Il tetris del post Expo è appena iniziato.